Le persone a rischio povertà nella provincia di Bergamo sono stimate intorno al 15% della popolazione. La crisi economica ha modificato anche la tipologia dei bisogni: diventano sempre più pressanti richieste di cibo e cure mediche. Le più colpite sono le famiglie degli operai, ma da qualche tempo anche quelle degli impiegati, tra i “nuovi poveri” molti pensionati e coniugi che hanno vissuto la separazione. È un’immagine impensabile solo pochi anni fa, ma la crisi e la conseguente politica dell’austerità ha comportato una serie di tagli della spesa pubblica che aveva come unico obiettivo la riduzione del deficit di bilancio. «È aumentata – dice Mina Busi, della segreteria della Fnp (pensionati) Cisl di Bergamo -, oltre alle minore spesa su alimenti, vestiario e generi di consumo, anche la povertà sanitaria: sono aumentati i cittadini che hanno difficoltà ad acquistare i medicinali, anche quelli con prescrizione medica. Le risorse per la lotta alla povertà sono sempre più scarse». «Oggi i nuovi poveri – dice Rita Brembilla, del Coordinamento donne Fnp Cisl – sono rappresentati da famiglie con bambini che si sono esposte comprando casa, che hanno un mutuo da pagare o che prima sostenevano un mutuo con due stipendi ed ora ne hanno solo uno. La Regione Lombardia spende per spesa sociale circa 120 euro per abitante, ben distante dai circa 280 pro-capite della Provincia i Trento. La spesa su povertà, disagio adulti e senza dimora è pari al 6,7%. In Lombardia il 9% dei minori (quasi uno su 10) vive in povertà assoluta: in termini numerici è la regione che ha il secondo più alto tasso in assoluto di bambini in povertà assoluta. In tutto questo, le politiche per la povertà risultano molto frammentate: non esiste ancora un’area con competenze specifiche sul tema».