Uno spettacolo nello spettacolo! Come i tanti visitatori hanno potuto apprezzare in questi giorni, Bergamo, grazie all’Adunata degli Alpini, si è vestita di senso patrio e di Tricolore. Sono tanti che con i caratteristici cappelli con la penna da alpino sciamano festosi o sfilano severi sulle note delle più conosciute marce o canzoni di montagna. (di Claudio Rossi)
Che festa! Il bello di questa festa, che all’apparenza puo’ sembrare tipica delle zone alpine è proprio il fatto che nessuno di noi italiani puo’ non dirsi coinvolto: mi vengono alla mente le parole di mio padre, un uomo dell’appennino, che oggi, nella sua pacata e serena, anche se “acciaccata”, vecchiaia, ha tra i suoi ricordi il cappello con la penna che appena ventenne, con solenne consapevolezza e responsabilità, gli misero in testa per andare a combattere sul fronte jugoslavo tra il fragore delle bombe ed i mortai dell’ultimo conflitto mondiale. Non era un alpino ma sente questa festa come se lo fosse stato.
E’ stato artigliere da montagna sul versante di Aidussina, a quel tempo italiana. Aveva il cappello con la penna e le fasce grigioverdi alle gambe. Gli è rimasta solo una foto sgualcita e la “Croce di Guerra al merito”…tutto il resto lo ha perso in prigionia!
Come tanti altri, per fortuna, ce l’ha fatta. Oggi a quasi 700 kilometri di distanza da Bergamo, vive le mie telefonate con la gioia del festoso clamore degli Alpini e della cadenzata sinfonia della banda, in sottofondo.
Si emoziona ancora e piange, quasi silenzioso per non darlo a vedere, pur avendo dovuto mancare l’appuntamento. Alla sua età non è sempre facile dare soddisfazione ai propri desideri ma il ricordo del suo cappello con la penna, finito in chissà quale fossa comune, è sempre vivo insieme a quello di quella bandiera Tricolore che oggi, grazie a Bergamo, rifulge in tutti i telegiornali italiani e non solo.
Quella generazione non ammette alternative, per loro il rosso ha rappresentato il sangue versato per la patria, il bianco la neve delle montagne che hanno dovuto difendere per meritarsi il titolo di “guardie alla frontiera” e il verde il pensiero dei loro campi coltivati che giovanissimi avevano dovuto abbandonare per raggiungere i confini dell’allora patria. Quelli come lui sono riconoscenti alla vita e la sanno vivere, senza angosce per volere di piu’ e, strano a dirsi, sanno accettare gli altri. Gli basta quello che in fondo sono riusciti ad avere: la salvezza e la possibilità di poter provare ancora emozioni nel risentire le fanfare suonare.
Il Tricolore: ma da dove arriva? Ammetto di sapere solo il necessario ma per fortuna oggi, al contrario di quando mio padre ha combattuto e versato il proprio sangue per difenderlo, si puo’ arrivare ad approfondire senza sforzo: vediamo cosa diceva Giosuè Carducci nel primo centenario della sua nascita avvenuta nel 1797: «Sii benedetta! Benedetta nell’immacolata origine, benedetta nella via di prove e di sventure per cui immacolata ancora procedesti, benedetta nella battaglia e nella vittoria, ora e sempre, nei secoli! Non rampare di aquile e leoni, non sormontare di belve rapaci, nel santo vessillo; ma i colori della nostra primavera e del nostro paese, dal Cenisio all’ Etna; le nevi delle alpi, l’aprile delle valli, le fiamme dei vulcani, E subito quei colori parlarono alle anime generose e gentili, con le ispirazioni e gli effetti delle virtù onde la patria sta e si augusta: il bianco, la fede serena alle idee che fanno divina l’ anima nella costanza dei savi; il verde, la perpetua rifioritura della speranza a frutto di bene nella gioventù de’ poeti; il rosso, la passione ed il sangue dei martiri e degli eroi, E subito il popolo cantò alla sua bandiera ch’ ella era la più bella di tutte e che sempre voleva lei e con lei la libertà».
I colori della bandiera Nazionale Italiana furono stabiliti dal Senato di Bologna, con un documento datato 18 ottobre 1796, in cui si legge: “Bandiera coi colori Nazionali – Richiesto quali siano i colori Nazionali per formare una bandiera, si è risposto il Verde il Bianco ed il Rosso.” Il tricolore fu reso Universale a Reggio Emilia il 7 gennaio 1797, i deputati delle popolazioni di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia, su proposta del deputato Giuseppe Compagnoni, decreta “che si renda Universale lo Stendardo o Bandiera Cispadana di tre colori, Verde, Bianco e Rosso e che questi tre colori si usino anche nella Coccarda Cispadana, la quale debba portarsi da tutti”. Il congresso della Repubblica Cispadana convocato a Modena il 21 gennaio del 1797 confermando le deliberazioni di precedenti adunanze decretò vessillo di stato il tricolore per virtù d’uomini e di tempi fatto simbolo dell’unità indissolubile della nazione. Ma perché proprio questi tre colori? Nell’Italia del 1796, attraversata dalle vittoriose armate napoleoniche, le numerose repubbliche di ispirazione giacobina che avevano soppiantato gli antichi Stati assoluti adottarono quasi tutte, con varianti di colore, bandiere caratterizzate da tre fasce di uguali dimensioni, chiaramente ispirate al modello francese del 1789. In realtá i primi a ideare la bandiera nazionale erano stati due patrioti e studenti studenti dell’Universitá di Bologna, Luigi Zamboni, natio del capoluogo emiliano, e Giambattista De Rolandis, originario di Castell’Alfero (Asti), che nell’autunno del 1794 unirono il bianco e il rosso delle rispettive cittá al verde, colore della speranza. Si erano prefissi di organizzare una rivoluzione per ridare al Comune di Bologna l’antica indipendenza perduta con la sudditanza agli Stati della Chiesa. La sommossa, nella notte del 13 dicembre, fallì e i due studenti furono scoperti e catturati dalla polizia pontificia, insieme ad altri cittadini. Avviato il processo, il 19 agosto 1795, Luigi Zamboni fu trovato morto nella cella denominata “Inferno” dove era rinchiuso insieme con due criminali, che lo avrebbero strangolato per ordine espresso della polizia. L’altro studente Giovanni Battista De Rolandis fu condannato a morte ed impiccato il 23 aprile 1796. Anche i reparti militari “italiani”, costituiti all’epoca per affiancare l’esercito di Bonaparte, ebbero stendardi che riproponevano la medesima foggia. In particolare, i vessilli reggimentali della Legione Lombarda presentavano, appunto, i colori bianco, rosso e verde, fortemente radicati nel patrimonio collettivo di quella regione: il bianco e il rosso, infatti, comparivano nell’antichissimo stemma comunale di Bologna (croce rossa su campo bianco), mentre verdi erano, fin dal 1796, le uniformi della Guardia civica Bolognese. Gli stessi colori, poi, furono adottati anche negli stendardi della Legione Italiana, che raccoglieva i soldati delle terre dell’Emilia e della Romagna, e fu probabilmente questo il motivo che spinse la Repubblica Cispadana a confermarli nella propria bandiera. Al centro della fascia bianca, lo stemma della Repubblica, un turcasso contenente quattro frecce, circondato da un serto di alloro e ornato da un trofeo di armi.