Il debito è sospeso se la banca non ha rispettato fino in fondo la legge. È questo, in estrema sintesi, il senso della rivoluzionaria sentenza emessa lo scorso 11 gennaio da un giudice del tribunale di Bergamo. Un caso che ora potrebbe far scuola, obbligando le banche a rivedere radicalmente il proprio atteggiamento nei confronti delle imprese e di tutti gli altri clienti. E in ballo non c’è una cifra da poco. Il giudice bergamasco, infatti, ha sospeso il decreto ingiuntivo emesso da uno dei principali istituti di credito italiani nei confronti di una nota azienda della provincia di Bergamo del settore lavorazione pietre, bloccando il pagamento di 1 milione e 258mila euro che la banca pretendeva in virtù di un precedente decreto ingiuntivo. Ma la società ha opposto resistenza, sostenuta dagli avvocati Monica Pagano e Matteo Marini, specialisti della materia bancaria che sono riusciti a convincere il magistrato a sospendere il presunto debito, imponendo la mediazione tra le parti. «Oltre all’obbligatorietà di questo passaggio prima di pretendere qualsiasi pagamento – spiega l’avvocato Pagano – abbiamo evidenziato l’incostituzionalità del Testo unico bancario quando consente alle banche private di chiedere il decreto ingiuntivo anche in base al solo estratto conto certificato dal direttore: gli istituti di credito devono addurre prove concrete di quanto pretendono, perché solo in questo modo i clienti possono esercitare a pieno i propri diritti. Allo stesso modo gli istituti di credito gli istituti di credito non possono avanzare impunemente pretese economiche contra legem. Nello specifico, infatti, si ritiene che la banca abbia applicato tassi ‘ultralegali’ e condizioni contrattuali nulle, oltre ad aver capitalizzato gli interessi sugli interessi (il cosiddetto anatocismo). Circostanze che, da legge, determinano l’illegittimità delle somme pretese». Il prossimo round nelle aule di tribunale sarà a giugno.