Non è un buon momento per il trasporto pubblico locale. La crisi del debito ha imposto un taglio netto dei trasferimenti statali a regioni ed enti locali. Far girare i pullman è diventata un’impresa in tutta Italia, con le aziende costrette a mettere sulla bilancia qualità del servizio da un lato, ritocchi all’insù delle tariffe e riduzioni delle corse dall’altro. Del doman non v’è certezza; l’oggi ci presenta invece un’Atb Servizi in ottimo stato di salute, come dimostrato dai numeri: gestione di funicolari e autobus a Bergamo e in 27 Comuni dell’hinterland per un bacino d’utenza di 350 mila abitanti (con la partecipata Tbso e con teb), 400 dipendenti, 90 mila viaggi giornalieri e dunque quasi 50 mila persone che ogni giorno entrano in contatto con l’azienda, bilancio in attivo di 694.163 euro nel 2010. Senza contare l’attività di Atb Mobilità con servizi integrati e innovativi quali il bike sharing (100 biciclette in condivisione e 15 stazioni), la gestione della sosta (con oltre 2 mila posti auto), della segnaletica stradale, degli impianti semaforici, delle zone a traffico limitato, etc. Ne abbiamo parlato con l’avvocato Fabrizio Antonello, presidente dell’Atb dallo scorso 24 aprile.
Ha trovato un’azienda sana.
«Atb non solo è sana: è un’azienda storica che va salvaguardata, un bene fondamentale per Bergamo e per l’hinterland.
Ha cento anni alle spalle ed è cresciuta con la città: per questo mi impegno a tutelarla da tutti quegli eventi “esterni”, quali i tagli, che possono minarne l’eccellenza».
Come?
«Vedremo. Nel frattempo quest’anno abbiamo cercato di far ricadere il meno possibile i tagli drastici e drammatici sui cittadini».
Avete cercato di preservare soprattutto gli utenti abituali. Ovvero gli abbonati.
«Noi teniamo molto alla fidelizzazione degli utenti: intendiamo abituare la gente ad usare maggiormente i nostri autobus, che sono belli, funzionali e puliti. Non per niente Atb ha vinto il primo premio nella categoria Service Improvement Award – Premio per lo sviluppo dei servizi – a Dubai in occasione del 59° congresso mondiale della Uitp, l’associazione a cui aderiscono le aziende di trasporto di tutto il mondo».
Ma la contrazione delle risorse prima o poi influirà anche sui servizi…
«Le vacche magre rendono magro anche il resto… Ma noi cerchiamo di fare l’esatto opposto: salvaguardare la qualità mantenendo un prezzo che sia comunque competitivo».
Gare per l’affidamento dei servizi di trasporto pubblico locale: quali scenari si aprono per Atb?
« La situazione è estremamente complessa e le tempistiche sono ancora tutte da definire. Inoltre gli attuali “chiari di luna” penso scoraggeranno molto la partecipazione alle gare: si chiama trasporto pubblico perché il “pubblico” ci deve mettere del denaro, ma se non ce lo mette…».
Nessun rischio che Atb venga “cannibalizzata” da grosse realtà europee?
«Atb oggi non è l’ultima arrivata sul territorio, anzi. Non è detto dunque che chi parteciperà alle gare sia più bravo di Atb, che consorziandosi – come capofila – con altre aziende avrebbe ottime chances di farcela. Ma sono discorsi del tutto ipotetici: al momento non possiamo far altro che “vivere alla giornata”, mantendo il livello qualitativo e occupazionale: i tagli del resto non hanno toccato minimamente il personale. Per fronteggiare le minori risorse è stata effettuata una razionalizzazione sapientemente calibrata riducendo i chilometri percorsi solo là dove era davvero possibile farlo».
I conti tornano anche in virtù di una gestione che potremmo definire esemplare.
«Consulenze strapagate non ce ne sono. Il compenso degli amministratori è basso: il presidente prende 9 mila euro all’anno, i consiglieri di amministrazione 4.500, a cui vanno aggiunti i gettoni di presenza. A dir la verità questo lavoro lo farei anche gratis, perché essere presidente di Atb è un onore per me. E’ una società di lustro, gestita benissimo, con un amministratore delegato veramente capace – Gianni Scarfone – e con una struttura altrettanto funzionale in cui dirigenti, quadri e dipendenti in generale lavorano tutti con un unico obbiettivo: quello di far andar bene Atb. Anzi, colgo l’occasione per ringraziarli pubblicamente».
E avete istituito la figura del mobility manager, ricoperta dall’ingegner Liliana Donato.
«Sui blog avevo letto una polemica relativa al fatto che fosse pagata 100 mila euro l’anno. Non è assolutamente vero. Prende il suo stipendio da dipendente Atb (è responsabile marketing e comunicazione, ndr) come prima della nomina e svolge entrambe le attività senza ulteriori indennità».
Però il momento storico per il trasporto pubblico resta tremendo. Chi gliel’ha fatto fare, presidente?
«Più è difficile e più mi piace…».
E ora ci parli un po’ di lei.
«Sono nato a Varese nel 1959, vivo qui dal 1970, sono sposato con una bergamasca e ho un pastore tedesco».
Che rapporto ha con Bergamo?
«E’ la mia città, son cresciuto qui e qui ho giocato a pallanuoto a livelli agonistici fino all’età di 32 anni. Trovo che sia meravigliosa».
Ha ancora tempo per fare sport?
«Assolutamente sì. In realtà adesso da 4 mesi sono fermo a causa di un infortunio, ma normalmente passo un’ora in piscina 3-4 volte la settimana. Togliermi l’acqua è come toglierla a un pesce. Poi ci sono i motori: mi occupo di ricorsi in pista per il Team Ghinzani, nel campionato di Formula 3».
Dal 1993 al 1999 è stato nel Cda dell’Alzano Virescit.
«Una splendida cavalcata dalla serie D alla B. Proprio mentre eravamo nel campionato cadetto ho lasciato per fare l’assessore alle Attività produttive del Comune di Bergamo, nella Giunta Veneziani. Insomma, la decadenza della squadra io da consigliere non l’ho vissuta… E’ stata una bellissima esperienza, con personaggi fantastici».
Cosa pensa della situazione dell’Atalanta?
«Quello che è successo è veramente antipatico. La società non se lo merita: trovo che a volte la responsabilità oggettiva sia davvero eccessiva. Se la sentenza nei confronti del capitano venisse confermata mi dispiacerebbe molto, perché Doni è stato anche premiato con la benemerenza del Comune».
Si salverà?
«Lo spero. Il grande entusiasmo di Percassi e dei tifosi va premiato».