Dal Vangelo secondo Luca, 2, 15-20
Appena gli angeli si furono allontanati da loro, verso il cielo, i pastori dicevano l’un l’altro: «Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro
Commento
Nella Messa di Natale, Papa Francesco contrappone le ombre della storia umana, segnata anche dall’avidità e da una “insaziabile ingordigia”, alla luce della mangiatoia, dove “ad alimentare la vita non sono i beni, ma l’amore”, “non la voracità ma la carità”. L’uomo è “diventato avido e vorace”: “pochi banchettano lautamente e troppi non hanno pane per vivere”. A tanti, aggiunge il Pontefice, pare che “riempirsi di cose” sia il senso della vita. Ma c’è un luogo verso cui guardare per interrompere questa storia di ingordigia. È Betlemme, “la svolta per cambiare il corso della storia”. A Betlemme scopriamo che Dio non è qualcuno che prende la vita, ma Colui che dà la vita. All’uomo, abituato dalle origini a prendere e mangiare, Gesù comincia a dire: «Prendete, mangiate. Questo è il mio corpo». Il corpicino del Bambino di Betlemme lancia un nuovo modello di vita: non divorare e accaparrare, ma condividere e donare. Dio si fa piccolo per essere nostro cibo. Nutrendoci di Lui, Pane di vita, possiamo rinascere nell’amore e spezzare la spirale dell’avidità e dell’ingordigia.
1. Gesù cambia il cuore. “A Natale – spiega Francesco – riceviamo in terra Gesù, Pane del cielo: è un cibo che non scade mai, ma ci fa assaporare già ora la vita eterna”. A Betlemme – aggiunge – “scopriamo che la vita di Dio scorre nelle vene dell’umanità”. Se l’accogliamo, cambia la storia a partire da ciascuno di noi: quando Gesù cambia il cuore, “il centro della vita non è più il mio io affamato ed egoista, ma Lui, che nasce e vive per amore”. Ci sono delle domande, osserva Francesco, che dobbiamo porci: “Qual è il cibo della mia vita, di cui non posso fare a meno?” “È il Signore o è altro?” “Ho davvero bisogno di molte cose, di ricette complicate per vivere?” “Riesco a fare a meno di tanti contorni superflui, per scegliere una vita più semplice?”
2. Attendere il Signore. Gesù, ricorda il Pontefice, è Pane del cammino: “non gradisce digestioni pigre, lunghe e sedentarie, ma chiede di alzarsi svelti da tavola per servire, come pani spezzati per gli altri”. Gesù, sottolinea il Santo Padre, nasce tra i pastori “per dirci che mai più nessuno è solo; abbiamo un Pastore che vince le nostre paure e ci ama tutti, senza eccezioni”. I pastori di Betlemme ci dicono anche “come andare incontro al Signore”: vegliano nella notte, non dormono. Questo vale anche per noi: La nostra vita può essere un’attesa, che anche nelle notti dei problemi si affida al Signore e lo desidera; allora riceverà la sua luce. Oppure una pretesa, dove contano solo le proprie forze e i propri mezzi; ma in questo caso il cuore rimane chiuso alla luce di Dio. Il Signore ama essere atteso e non lo si può attendere sul divano, dormendo. Infatti i pastori si muovono: andarono senza indugio, dice il testo.
3.In cammino verso Betlemme. I pastori di Betlemme, dopo aver visto Gesù, “pur non essendo esperti nel parlare, vanno ad annunciarlo”: “attendere svegli, andare, rischiare, raccontare la bellezza”, spiega Francesco, sono “gesti di amore”. Andiamo dunque fino a Betlemme» (Lc 2,15): così dissero e fecero i pastori. Pure noi, Signore, vogliamo venire a Betlemme. La strada, anche oggi, è in salita: va superata la vetta dell’egoismo, non bisogna scivolare nei burroni della mondanità e del consumismo. Voglio arrivare a Betlemme, Signore, perché è lì che mi attendi. E accorgermi che Tu, deposto in una mangiatoia, sei il pane della mia vita. Ho bisogno della fragranza tenera del tuo amore per essere, a mia volta, pane spezzato per il mondo. Signore, prendimi sulle tue spalle, buon Pastore: da Te amato, potrò anch’io amare e prendere per mano i fratelli. Allora sarà Natale, quando potrò dirti: “Signore, tu sai tutto, tu sai che io ti amo”.