Dal vangelo secondo Luca
In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città.
Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta.
Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.
C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».
Commento
Con un tono un pò disincantato mi riferisco al brano molto serio della prima lettera ai Corinzi di S. Paolo, dove l’apostolo ricorda che la vita di Gesù, culminata nel supplizio della Croce, era definita dagli Ebrei scandalo e dalle persone colte del mondo greco follia, in poche parole una grande fesseria. Paolo conclude però in questo modo il suo ragionamento: «Ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini» [I lettera ai Corinzi, 1,23-25]. Si pone allora il problema di chi è stolto e di chi è sapiente. La festa del Natale ci pone questo interrogativo radicale: chi è il sapiente e chi è il pazzo ? Al quesito dobbiamo dare una risposta.
Senza peccare di presunzione, immagino che Gesù darebbe una risposta di questo tipo: «Mi ha fatto male sentirmi dare del pazzo già ai miei tempi da voi uomini miei fratelli, che oggi siete ancora nella stessa situazione; mi addolorano molto l’indifferenza e la superficialità con cui considerate la mia venuta in questo mondo. Non capite ancora la portata delle mie scelte. Innanzitutto ho voluto esservi vicino il più possibile. Voi uomini fate pazzie pur di stare accanto alla persona amata anche solo per qualche minuto; questo voi lo chiamate giustamente amore. Ma io ho fatto molto di più. La mia venuta non è stata solo un avvicinamento, ma anche una condivisione reale della situazione umana, non molto allegra a causa delle disgraziate scelte da voi operate lungo il corso dei secoli. Anche voi però siete convinti che solo nella condivisione si manifesta un amore vero. Per sollevare un povero dalla fame, è necessario privarsi di qualcosa e condividerlo. Ma anche questo non basta. Una mamma non solo prodiga ogni cura al figlioletto malato, ma vorrebbe togliergli pure il male di cui soffre prendendolo su di sè. Ma non può farlo. Ora quello che risulta impossibile a voi uomini, io invece l’ho compiuto; servendomi della mia onnipotenza divina, sono diventato uno di voi condividendo integralmente la vostra complicata situazione.
Per questo la mia venuta nel mondo non è stata un’amena passeggiata: sono nato povero, in un alloggio di fortuna negli strati più bassi della società; ho ricevuto le prime visite da gente poco raccomandabile; quando mi hanno fatto degli onori alcuni sapienti, i Magi, sono stato considerato un pericolo pubblico e ho dovuto fuggire come un perseguitato. Attraverso queste scelte traumatiche volevo farvi un forte richiamo per la vostra coscienza indurita. Voi fate consistere la fortuna e la felicità nell’essere ricchi, potenti, magari anche prepotenti, baciati dal successo e dagli onori. Fate dei beni di questa terra i vostri idoli e li amate tanto da perdere il bene dell’intelletto. Scusate se mi permetto di ricordarvi il primo dei dieci comandamenti: Io sono il vostro Dio; perciò dovete adorare solo me e non altri. Questo comandamento significa obbedire alle mie leggi. Quando sono apparso tra di voi non ho voluto solo fare il legislatore, ma seguire la strada più impegnativa dell’esempio. per farvi meglio capire quanto sbagliate. Se io sono nato povero e umile, ho fatto questo per smascherare l’inganno che vi rovina da secoli con gli idoli del denaro, della ricchezza e della potenza. Invece che ravvedervi, dite che Io, il Signore, sono un pazzo, e mi considerate degno di commiserazione. Ma ditemi: dove sta la vera pazzia; è la mia oppure la vostra? Dovreste prendermi in seria considerazione, perchè sono il Figlio di Dio, la Sapienza Eterna di Dio, come mi definisce l’apostolo Paolo. Io penso di non essere mai stato così sapiente come quando sono nato in una stalla e sono stato deposto in una mangiatoia. Qualcuno potrebbe dire che è stata tutta una finzione: vi giuro che ho sentito le punture della paglia della mangiatoia, ho provato il freddo di quella notte e i morsi della fame. Sono il Creatore che si è fatto creatura, il Padrone che si è fatto vostro servo, il ricco diventato povero, il potente divenuto fragile. Fin dall’inizio avete sostenuto che l’annuncio della nascita di Gesù era una pazzia, in realtà nella notte di Natale si manifesta la sapienza divina, a cui gli angeli rendono onore. Tiratene voi le conclusioni!
Desidererei tanto che imitiate i pastori che, avvisati da voci angeliche, sono accorsi a vedermi e ne hanno tratto motivo di gioia. Certo la nascita di un bambino non può che rendere contenti, ma in quelle circostanze poteva anche suscitare commiserazione unita a sdegno, perchè nessuno si era presa la briga di ospitare una giovane donna incinta costringendola a partorire in una stalla. Le circostanze ed il luogo facevano poi escludere che si trattasse di una nascita particolarmente importante di cui vantarsi. Eppure essi hanno saputo cogliere che in quella semplicità, che rasentava lo squallore, si celava un evento straordinario destinato a cambiare il mondo- L’umiltà e la povertà con cui si presentava erano segno veritiero di un’infinita grandezza, dell’Infinita Sapienza di Dio, che questi pastori nella loro semplicità hanno saputo cogliere e farne loro regola di vita a differenza di tanto dotti e sapienti».