di Cesare Zapperi
Sono passati sei mesi da quel maledetto pomeriggio. E’ arrivata l’ora dell’addio alla piccola Yara. In questi giorni sarà difficile, giustamente, sottrarsi all’ondata emotiva che attraverserà tutti quanti, a vario titolo, hanno vissuto il dramma della ginnasta di Brembate Sopra. Il suo caso ha commosso l’Italia intera che si stringe con tutto l’affetto possibile a Maura e Fulvio Gambirasio.
Ma proprio questo, forse, è il momento di chiedere giustizia con ancora più vigore di prima. Dover constatare, a sei mesi di distanza dalla scomparsa e a tre dal ritrovamento del cadavere nel campo di Chignolo d’Isola, che ancora quasi tutti gli interrogativi sono senza risposta provoca un’amarezza che va ad aggiungere altro dolore.
Nessuno nega che l’inchiesta presenti oggettive difficoltà. Né si può dire che la famiglia Gambirasio, e più in generale la comunità di Brembate Sopra, abbiano fatto mai mancare la loro fiducia negli inquirenti. E tuttavia, questi sei mesi di innegabile duro lavoro investigativo sono stati costellati da errori marchiani, dichiarazioni roboanti, promesse mancate. Ancora pochi giorni fa il questore Vincenzo Ricciardi, in occasione dell’annuale Festa della Polizia, ha voluto sottolineare come il tragico epilogo della giovane esistenza di Yara sia in testa alla lista delle sue preoccupazioni quotidiane. Ma anche lui sa, da persona di buon senso qual è, che a questo punto le parole non servono più a nulla.
La sacrosanta sete di Giustizia di Maura e Fulvio Gambirasio, genitori che non si finirà mai di ammirare per la compostezza che hanno sempre mantenuto, può trovare ristoro solo nella individuazione di chi, una o più persone, ha strappato loro l’adorata figlia. Non sarebbe una consolazione. Yara, comunque, non la rivedranno più. Ma è angosciante il pensiero di dover continuare a vivere sapendo che l’assassino si è fatto beffe di tanti superpoliziotti e carabinieri ultra specializzati.
Ogni giorno che passa, inutile negarlo, la fiducia si affievolisce. Ci si aggrappa a tutto, anche all’illusione che la scienza e le più moderne tecnologie arrivino là dove l’uomo non può spingersi. Un colpo di scena è sempre possibile, specie in un caso come questo dove il rimorso che non lascia indifferente anche la belva più feroce può determinare un passo falso o, più improbabile, una confessione. Bisogna però essere realisti e cominciare a mettere in conto, come molti hanno già fatto in cuor loro, che l’inchiesta possa fermarsi su un binario morto.
Ecco perché sale, nei giorni dell’addio definitivo a Yara, una accorata sollecitazione agli inquirenti perché tentino un colpo di reni, perché cerchino di moltiplicare gli sforzi, perché diano fondo a tutte le loro capacità. Senza una risposta adeguata, sarà più difficile per tutti, e non solo per la famiglia Gambirasio, continuare ad avere fiducia nella Giustizia.