A dirla come riportato dall’Istat il distretto del “tessile/abbigliamento” di Bergamo, uno dei 10 distretti del tessile riconosciuti in Italia, è cresciuto nell’export tra il 2009 ed il 2010 dell’11,4%. Questa percentuale di sviluppo lo ha fatto classificare al sesto posto tra i distretti capofilati dalla nota Biella (+18,7%) e con fanalino di coda l’emiliana Carpi (-16,3%). (a cura di F. Rossi)
L’analisi di questi dati genera ulteriori riflessioni sul ruolo che tipicamente in Italia giocano i Distretti. Quest’ultimi, per chi non lo sapesse, sono un’area territoriale con un’alta concentrazione di piccole e medie imprese industriali ad elevata specializzazione produttiva, generalmente caratterizzate da un’intensa interdipendenza dei loro cicli produttivi e fortemente integrate con l’ambiente socio-economico locale che li ospita. Esso non deve essere confuso con le aree industriali: territori dove sono concentrate imprese di differenti settori e specializzazioni, che molto spesso non hanno sviluppato tra loro alcun tipo di collaborazione e alcun legame con il territorio.
In Italia insistono circa 156 distretti di cui la maggior parte al Nord (52%) ed il loro lavoro è tipicamente improntato sulla manifattura legata al Made in Italy.
Per quanto attiene i vantaggi competitivi dei distretti essi si caratterizzano per il fatto che esiste un’accentuata divisione del lavoro tra piccole e medie imprese indipendenti, variamente collegate ad altre imprese, che condividono lo stesso processo produttivo: specializzazione delle fasi produttive, distribuzione della capacità produttiva, prossimità territoriale, trasmissione della conoscenza e capacità di sviluppo futuro sono alla base del passato miracolo italiano.
Ma, viene da chiedersi, alla luce del mondo globalizzato ed in funzione ai nuovi drivers di sviluppo del business che oggi si sono imposti con questo nuovo global-model, come si potrà sostenere l’unico punto di debolezza del sistema distrettuale italiano quale quello dell’innovazione di prodotto e di processo? (cfr anche articolo sull’innovazione immobiliare a Bergamo).
E’ vero che il glocal-model sarà il modello di sviluppo del futuro ma se non riusciamo a fare massa critica per investire nelle soluzioni innovative superando quei rigurgiti di campanilismo e diffidenza che secoli di staterelli italiani hanno inculcato nei nostri geni come potremo fronteggiare la potenza di fuoco innovativo che esprimono oggi le potenze economiche emergenti?
Pensiamo di potercela fare sempre con le nostre note doti conferiteci dalla dea bendata e dallo stellone? O pensiamo di trovare il petrolio nella pianura padana o l’oro in campania? “Fabrum esse suae quisque fortunae” (Appio Claudio Cieco) dicevano i Romani e loro si che erano abituati a gestire un impero economico globale.