di Cesare Zapperi
“Brutto segno quando un ente pubblico per fare cassa incomincia a vendere i suoi gioielli” ha giustamente sottolineato Pino Capellini, uno dei rari giornalisti che conserva il culto della memoria, in un articolo scritto su L’Eco di Bergamo per ricordare la storia di Casa Suardi, l’ex sede dell’Università di piazza Vecchia (per ricordare solo l’ultima destinazione) che il Comune ora ha deciso di mettere in vendita. A Palazzo Frizzoni, dove pure governano forze politiche che del culto dell’identità fanno il loro tratto distintivo, il bisogno di trovare risorse è valutato di gran lunga più importante del rispetto delle proprie radici. Chi combatte contro l’insediamento di attività commerciali non tradizionali in nome del principio sacrosanto di tutela del centro storico ora non mostra un minimo di turbamento nel vedere un edificio pubblico frequentato negli ultimi quarant’anni da migliaia di studenti avviarsi verso la trasformazione in un esclusivo palazzo privato (poco importa che diventi una dimora superlusso o un luogo di rappresentanza di una banca).
“Un sacrificio necessario” l’ha definito il sindaco Franco Tentorio. Ed è indubbio che, con i chiari di luna che attraversa la finanza pubblica, il Comune abbia assoluta necessità di reperire risorse per realizzare le opere che i cittadini chiedono. Ma governare una città non significa semplicemente far di conto. Amministrare Bergamo è qualcosa di più e di meglio che ragionare in termini di costi e di ricavi. Ci sono valori immateriali che vanno tutelati a prescindere. Uno di questi, il principale forse, è il rispetto della propria storia, attraverso il patrimonio che la rappresenta. Piazza Vecchia, per intenderci, è un gioiello che il mondo intero ci invidia. Gli edifici che vi si affacciano non possono essere trattati alla stregua di quelli di piazza Varsavia. Certo che questo ha un costo per la collettività. Ristrutturare e mantenere il Palazzo della Ragione piuttosto che il Campanone ha richiesto e richiede investimenti ingenti. Ma nessuno storce il naso perché è doveroso che il Comune li preveda.
Anche Casa Suardi, seppur meno gloriosa, è un pezzo della storia di Bergamo. Va tutelata mantenendola in mano pubblica. C’è chi parla di ricavarvi una dépendance della Biblioteca Maj in cronica carenza di spazi, chi di trasferirvi un museo (l’archeologico?). Le ipotesi possono essere le più diverse. A patto che chi amministra il Comune abbia la capacità di guardare al di là del proprio naso. Se proprio non ci riesce, provi almeno a chiedere alla città cosa ne pensa. Sarebbe un modo, il più intelligente, di vivificare quel patto di cittadinanza che affonda le sue radici nella storia di Casa Suardi.