Su “ Il Sole 24 Ore Lombardia” del 20 ottobre, è apparso un articolo dal titolo “Le 10 aziende dove la cassa si è trasformata in vitalizio”. Le 10 aziende citate, quasi tutte metalmeccaniche, si “traducono” in 2167 lavoratrici e lavoratori. 2167 donne e uomini che hanno fatto di tutto per non ricevere alcun “vitalizio” – e sai che sostanzioso vitalizio! – e per continuare a lavorare.
2167 donne e uomini che non hanno alcuna responsabilità nella crisi delle imprese, portate al fallimento o sull’orlo del fallimento dalle scelte dei gruppi dirigenti.
“Concedere ancora deroghe significa risucchiare parte delle risorse destinate alle piccole imprese. Analizziamo caso per caso, ma poi facciamo in modo che queste aziende mettano in mobilità i lavoratori” (ossia li licenzino): è questo il suggerimento della Uil lombarda.
Mica male per un sindacato, ossia per un’organizzazione che, teoricamente, dovrebbe rappresentare e tutelare le lavoratrici e i lavoratori.
Invitiamo Claudio Negro, segretario della Uil della Lombardia, a fare un salto alla Elco di Inzago, alla Lares e alla Metalli Preziosi di Paderno, alla Novaceta di Magenta, alla Donora di Bergamo, alla Brandt Italia di Brescia, piuttosto che nelle altre aziende, per spiegare alle lavoratrici e ai lavoratori in cassa integrazione a 800 euro al mese che devono essere licenziati, perché sono parassiti che risucchiano risorse.
Ci permettiamo di sottolineare che le imprese non hanno alcun bisogno di consigli, quando si tratta di licenziare.
A ognuno il suo mestiere: noi della Fiom siamo sindacalisti e ci battiamo perché nessuna lavoratrice e nessun lavoratore venga buttato sulla strada.
Se i dirigenti della Uil lombarda hanno deciso di cambiare mestiere, lo facciano sapere non a noi, ma a quelli che dovrebbero difendere dai soprusi.
Mirco Rota, segretario generale Fiom Lombardia