Gli agenti della polizia provinciale avevano capito subito che c’erano degli elementi sospetti, quando hanno trovato quella carcassa di cervo morto. Ad attirare la loro attenzione non era tanto la presenza di un cadavere dell’ungulato, quanto che dall’interno fuoriuscisse un liquido bluastro e che, vicino, qualcuno avesse piazzato una foto-trappola.
Lo scenario, scoperto la scorsa primavera a Gandellino, in località Gromo San Marino-Ronchello, in Alta Valle Seriana, ha infatti portato alla scoperta del primo caso in Bergamasca di bracconaggio di lupi. I branchi di carnivori che stanno ripopolando, al momento in numero molto contenuto, le montagne bergamasche hanno suscitato molto malcontento tra gli allevatori e hanno portato a una divisione tra chi vorrebbe “ridimensionare” la loro presenza sulle Orobie e chi ritiene ci sia la possibilità di una qualche sorta di convivenza.
Non la pensavano evidentemente così gli ideatori della particolare esca. Già, perché come si sospettava, una volta sottoposta a sequestro, l’analisi della carcassa all’Istituto zooprofilattico ha rivelato che era intrisa di una sostanza velenosa, il glicole etilenico. Si trova in genere nei liquidi antigelo, è di facile reperibilità ed è noto da tempo il suo utilizzo per realizzare dei bocconi avvelenati.
L’esame delle immagini registrate nella foto-trappola, anche in questo caso sequestrata, ha fornito altri elementi determinanti per individuare gli autori del gesto. In decine di fotogrammi erano immortalati due uomini, conosciuti dalla polizia provinciale. Uno dei quali, chinato sul corpo dell’animale, gli iniettava dentro il glicole con una siringa.
Sono due abitanti del luogo, un imprenditore zootecnico e un allevatore amatoriale di pecore e capre. Convocati in via Tasso a Bergamo, sentiti anche testimoni che hanno fornito ulteriori elementi alle ipotesi accusatorie, sono stati denunciati per tentata uccisione di animali e uso di esche e bocconi avvelenati.