DOMENICA XX ANNO B
Giov. 6,51-58.
In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
Commento
Il brano di questa domenica segna la conclusione del discorso di Gesù e, rispetto ai versetti precedenti, assume un carattere più marcatamente eucaristico. Il pane di cui aveva parlato nei versetti antecedenti si sdoppia in vero cibo e vera bevanda, così come l’io di Gesù diventa la mia carne e il mio sangue, offerti all’uomo come cibo da mangiare. Le affermazioni di Gesù sono improntate al realismo. Il pane e il vino sono il suo corpo e il suo sangue. Quindi il pane e il vino non sono semplicemente il simbolo di Gesù che offre la sua vita per noi, ma sono diventati Gesù stesso. Facciamo alcune considerazioni.
– La presenza reale, che può sembrare incredibile, è assicurata dalla risurrezione di Gesù. Egli non è relegato nel passato, ma presente alla sua Chiesa, in quanto vincitore della morte e quindi del tempo. Prima di lasciare gli apostoli, ha detto: “Io sono con voi fino tutti i giorni fino alla fine del mondo” (Matteo, 28,20).
– La presenza del Risorto reca con sè una potenza che ci sostiene. Posso ricordare l’esempio di S. Paolo, il quale, smarrito dalle infinite difficoltà incontrate lungo la sua avventurosa esistenza a servizio del Vangelo, ha trovato conforto in Gesù, che gli ha dato la forza di superare tutto: “Tutto posso in colui che mi dà la forza” ( Filippesi, 4,13). Non si è mai lasciato abbattere ed ha perseverato nel bene: “Siamo tribolati da ogni parte, ma non schiacciati, siamo sconvolti, ma non disperati, perseguitati ma non abbandonati, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perchè anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo” (II Corinzi, 4,7-10). Nella lettera ai Romani afferma di non vergognarsi “del Vangelo, perchè è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede” (Romani, 1,16). Il Vangelo non è solo messaggio fatto di parole, ma è la potenza del Cristo risorto, che si rende presente ed agisce nell’intera Chiesa come corpo e nella vita dei singoli, perchè si realizzi quello che Lui insegna. I credenti traggono da Lui un’energia celeste e divina, la vita di grazia.
– Pertanto non è casuale che la Messa, la preghiera che è il cuore della Chiesa, non si limiti alla liturgia della Parola, ma si prolunghi con la celebrazione eucaristica, durante la quale si rende presente il Cristo, il Potente che ha vinto il peccato e la morte, per entrare in stretta comunione con noi e trasformarci in Lui: “ Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me ed io in lui […] colui che mangia di me, vivrà per me”. Il tema del mangiare sfocia in quello dell’assimilazione che consiste appunto nella reciproca intimità e nella comunione di vita fra Cristo ed il credente.
In tal modo termina il discorso di Gesù. Iniziato con il segno della moltiplicazione dei pani, si conclude con il dono di sè, che diventa attuale per ciascuno di noi oggi a sostegno del nostro cammino, perchè giungiamo nella patria eterna.