DOMENICA VI DOPO PASQUA ANNO A
Dal Vangelo secondo Giovanni, 14,15-21.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi.
Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».
Commento
Il vangelo di Giovanni insiste in modo quasi ossessivo sul tema della rigenerazione dell’uomo dovuta alla comunione intima con Gesù. Il Figlio di Dio ci fa partecipi del suo Spirito di amore, il quale ci rende figli adottivi del Padre. Le espressioni del Vangelo odierno sono al riguardo inequivocabili. Egli è il Paraclito, il Consolatore, il fondamento di ogni speranza umana perchè ci rivela la verità di essere amati in modo incredibile da Dio. Non si tratta solo di sapere, ma lo Spirito ci fa approdare ad una esperienza interiore che ci assicura della paternità divina. Tale esperienza viene maturata attraverso la conoscenza e la riflessione sulle S. Scritture, che ci espongono tutta la grandezza e l’intesnità dell’amore divino nella storia del popolo di Israele fino a Gesù. I Padri hanno detto che la S, Scrittura è una lettera di amore scritta da Dio agli uomini. Come facciamo a rendercene conto se non la conosciamo? La familiarità con la Scrittura produce un’esperienza profonda e illuminante che determina una visione nuova della realtà: innanzitutto l’esperienza della vicinanza di Dio, della sua amicizia, del posto che abbiamo presso Dio, addirittura di essere nel suo Cuore di Padre. Si tratta di una speranza indubitabile dopo la morte di Gesù, il quale, riprende il suo posto presso il Padre, dopo aver donato la sua vita per la nostra salvezza. Il Salvatore e noi salvati saremo sempre insieme presso il Padre. Lo Spirito ci fa capire e vivere questa realtà.
L’essere con il Padre e il Figlio è il posto preparato da Gesù per noi, è la nostra casa e la nostra famiglia. I componenti di una famiglia elaborano una vita comune, un modo di pensare e di agire, in cui si riflette l’esperienza vissuta. Si crea uno spirito che caratterizza tutti i suoi componenti e che anima le loro relazioni. I genitori solitamente svolgono un ruolo centrale, tanto da costituire il punto di riferimento per i figli. L’eredità di una famiglia non consiste solo nel patrimonio materiale, ma anche in quello morale, di valori assimilati e vissuti.
Analogamente avviene nella famiglia dei figli di Dio. I suoi iniziatori sono il Padre ed il Figlio, essi costituiscono il modello di comportamento a partire dal loro modo di amarsi. L’evangelista Giovanni lo sottolinea più volte e ripetutamente: “’Come il Padre ha amato me, così io ho amato voi: rimanete nel mio amore! Se metterete in pratica i miei comandamenti, sarete radicati nel mio amore; allo stesso modo io ho messo in pratica i comandamenti del Padre mio e sono radicato nel suo amore” [Versetti, 15,9-10]; “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni, gli altri”[14,34]. Risulta evidente l’impegno di tradurre nei nostri rapporti lo stile del Padre, imitato perfettamente da Gesù nei nostri confronti e di esercitarlo a nostra volta nei confronti dei fratelli. Padre e Figlio ci donano lo Spirito di verità e di amore perchè abbiamo la luce per capire e la forza di operare in esso. Rimanendo in questa corrente di amore divino, che origina dal Padre e ci viene comunicata da Gesù abbiamo la sicurezza di essere cari a Dio e a nostra volta riversiamo questo medesimo amore sui nostri fratelli, diventando in tal modo famiglia di Dio. Operando in questa prospettiva camminiamo nella luce e nella verità di un affetto autentico che evita il rischio di falsificazioni e mistificazioni che confondono la bontà con atteggiamenti egoistici e interessati.