Si sa, l’invidia come la curiosità è donna, ma non solo. Comunque i casi di invidia fra donne sono più frequenti rispetto all’altro sesso. Questo capita soprattutto quando una delle donne in questione è bella: come si sa oggi c’è il culto dell’apparire più che dell’essere e ciò crea più invidia soprattutto in colleghe di lavoro. In modo particolare più che le invidiose sono le invidiate a soffrire, perché per quanto penoso sia, è possibile riconoscersi come oggetto di invidia. Del tutto impensabile invece immaginarsi protagonisti attivi, portatori, per così dire, del sentimento dell’invidia. Insomma “brutta bestia l’invidia”. Sia quando ci minaccia, sia quando la troviamo dentro di noi. Non a caso, nel catechismo cattolico, viene posto tra i “vizi capitali”. Ma è proprio un sentimento esclusivamente cattivo?
Si, L’invidia è un sentimento cattivo, ma necessario. Si parla anche che un esempio di invidia parta addirittura dal neonato verso il seno materno, del suo desiderio di distruggerlo, dalla depressione che ne segue e infine della successiva evoluzione verso il sentimento della gratitudine. Tutto questo può risultare estraneo e astratto per persone adulte che normalmente non hanno grande dimestichezza con gli aspetti più profondi della propria personalità. Proviamo perciò più semplicemente a dire che l’invidia è una struttura primaria costitutiva: si invidia un oggetto più buono, o troppo buono, posseduto da un altro che spesso è importante e dal quale dipendiamo. Per questo lo attacca, gli si vuol portar via questa dote; in altre parole si vuole distruggerlo, come avviene appunto al neonato con il seno materno. Naturalmente tutto ciò a livello simbolico, non nella realtà.
In questo senso L’invidia è un sentimento cattivo perché parla di distruzione; Come si sa, è difficile accettare il lato negativo di sé stessi; la speranza è che riconoscendo i propri lati rancorosi e cattivi si possano superare con una buna dose di analisi. In effetti dare per scontato che ognuno di noi possegga dei lati negativi è utile e dà sollievo. A differenza della gelosia che è un sentimento più evoluto, l’invidia si sviluppa in un rapporto a due, non ci sono terze persone in mezzo: tu invii di un altro e se non vai oltre, se non elabori questo sentimento, resti polarizzato, chiuso in te stesso. La gelosia invece ti spinge all’esterno, tu vorresti un’altra persona per te, tutta per te, da non dividere né con un terzo né con un quarto.
Del resto non c’è niente da fare, anche l’invidia è un sentimento arcaico, originario. Tutti i simboli che la evocano hanno una carica minacciosa, terribile, come la strega cattiva o il malocchio. Oggi si crede al malocchio? Certo non nelle forme antiche del mondo contadino: eppure in alcuni momenti difficili della vita, capita ancora di sentirsi dire: “hai mai provato a toglierti il malocchio?” E con stupore si scopre che inappuntabili professioniste, interamente avvolte da un alone di modernità, hanno ereditato questa abilità magica delle nonne e un gran segreto la dispensano a malcapitati nemici. Perché in definitiva pur nel silenzio che la circonda e nella vergogna che la cela, l’invidia è tra noi. Certo può essere un punto di partenza per migliorare sé stessi, purché non sia troppa, inconsapevole e paralizzante. Ma ci piace poi tanto questo strumento di lotta per l’affermazione di sé che i conformisti anni 80 hanno affermato come un sentimento accettabile?
Sara Carrara