SETTIMANA SANTA 2021
Vangelo di Marco, 14, 32-39
Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Ecco, chiama Elia!». Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere». Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.
Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. 39Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!».
Pensieri di papa Francesco sulla Settimana Santa.
Ogni anno la Liturgia della Settimana Santa suscita in noi un atteggiamento di stupore: passiamo dalla gioia di accogliere Gesù che entra in Gerusalemme al dolore di vederlo condannato a morte e crocifisso
E che cosa maggiormente stupisce del Signore e della sua Pasqua? Egli trionfa accogliendo il dolore e la morte, che noi, succubi dell’ammirazione e del successo, eviteremmo. Gesù invece – ci ha detto san Paolo – «svuotò se stesso, […] umiliò se stesso» (Fil 2,7.8). Questo stupisce: vedere l’Onnipotente ridotto a niente. Vedere Lui, la Parola che sa tutto, ammaestrarci in silenzio sulla cattedra della croce. Vedere il re dei re che ha per trono un patibolo. Vedere il Dio dell’universo spoglio di tutto. Vederlo coronato di spine anziché di gloria. Vedere Lui, la bontà in persona, che viene insultato e calpestato. Perché tutta questa umiliazione?
Lo ha fatto per noi, per toccare fino in fondo la nostra realtà umana, per attraversare tutta la nostra esistenza, tutto il nostro male. Prova i nostri stati d’animo peggiori: il fallimento, il rifiuto di tutti, il tradimento di chi gli vuole bene e persino l’abbandono di Dio. Il suo amore si avvicina alle nostre fragilità. E ora sappiamo di non essere soli: Dio è con noi in ogni ferita, in ogni paura: nessun male, nessun peccato ha l’ultima parola.
La vita cristiana, senza stupore, diventa grigiore. Come si può testimoniare la gioia di aver incontrato Gesù, se non ci lasciamo stupire ogni giorno dal suo amore sorprendente, che ci perdona e ci fa ricominciare? In questa Settimana Santa, alziamo lo sguardo alla croce per ricevere la grazia dello stupore. San Francesco d’Assisi, guardando il Crocifisso, si meravigliava che i suoi frati non piangessero. Guardiamo il Crocifisso e diciamogli: “Signore, quanto mi ami! Quanto sono prezioso per Te!”. Lasciamoci stupire da Gesù per tornare a vivere, perché la grandezza della vita non sta nell’avere e nell’affermarsi, ma nello scoprirsi amati. Questa è la grandezza della vita: scoprirsi amati. E la grandezza della vita è proprio nella bellezza dell’amore.
Subito dopo la morte di Gesù, il Vangelo di Marco ci svela l’icona più bella dello stupore. È la scena del centurione, che «avendolo visto spirare in quel modo, disse: “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!”» (Mc 15,39). Si è lasciato stupire dall’amore. In che modo aveva visto morire Gesù? Lo ha visto morire amando, e questo lo stupì. Soffriva, era stremato, ma continuava ad amare. Ecco lo stupore davanti a Dio, il quale sa riempire d’amore anche il morire. In questo amore gratuito e inaudito, il centurione, un pagano, trova Dio. Davvero era Figlio di Dio! La sua frase suggella la Passione. Tanti prima di lui nel Vangelo, ammirando Gesù per i suoi miracoli e prodigi, lo avevano riconosciuto Figlio di Dio, ma Cristo stesso li aveva messi a tacere, perché c’era il rischio di fermarsi all’ammirazione mondana, all’idea di un Dio da adorare e temere in quanto potente e terribile. Ora non più, sotto la croce non si può più fraintendere: Dio si è svelato e regna solo con la forza disarmata e disarmante dell’amore. Fratelli e sorelle, oggi Dio stupisce ancora la nostra mente e il nostro cuore. Lasciamo che questo stupore ci pervada, guardiamo il Crocifisso e diciamo anche noi: “Tu sei davvero il Figlio di Dio. Tu sei il mio Dio”.