PILLOLE DI DIRITTO COSTITUZIONALE
Come si modifica il pilastro del nostro ordinamento? Perché il 20 settembre abbiamo votato un referendum?
Articolo precedente pubblicato il 12.12.2020: “La Costituzione, quale sconosciuta!”
La nostra Costituzione presenta, tra gli altri, due caratteri essenziali: la stabilità e la superiorità. Da ciò deriva il principio della rigidità, secondo il quale la Costituzione non può essere modificata con un semplice provvedimento ordinario. Per approvare o abrogare una legge, per esempio, è necessaria la maggioranza semplice del Parlamento: basta che la metà dei parlamentari che sono presenti nelle aule il giorno del voto premano i pulsanti verdi che hanno sui banchi.
Ma la Costituzione, essendo il pilastro portante di tutto l’ordinamento, non può seguire tale ragionamento. Questo non vuol dire che non può essere modificata: una Costituzione immutabile sarebbe ingiusta, poiché un popolo non può dirsi libero se deve rimanere vincolato ai principi dei propri antenati costituenti. Però, visto che la modifica è un atto delicato, è necessario adottare un procedimento di revisione costituzionale aggravato costituito. Inoltre, c’è da ricordare che anche tutte le c.d. leggi costituzionali (per esempio la legge elettorale) devono essere approvate con questa modalità.
Nella nostra Costituzione questo procedimento è previsto dall’art.138, il penultimo. Esso stabilisce che la proposta di revisione costituzionale deve essere approvata da entrambe le camere, nel medesimo testo, in una prima seduta con maggioranza semplice. Se viene approvata, allora il Parlamento si deve riunire nuovamente in un’altra assemblea che deve avere luogo almeno tre mesi dopo la precedente e richiede, per l’approvazione, la maggioranza assoluta (ovvero il consenso del 50%+1 dei votanti).
Se il progetto di revisione costituzionale viene approvato anche in quest’ultima sessione, possono accadere due cose: se sia la Camera dei Deputati che il Senato della Repubblica hanno espresso parere positivo con una maggioranza qualificata dei 2/3 dei loro componenti, allora la legge è approvata e deve essere promulgata dal Presidente della Repubblica entro un mese. Dopo la promulgazione, la legge entra in vigore e la Costituzione è modificata: in questo caso, nessuno si può opporre. Ma se la legge è stata approvata con la maggioranza assoluta, senza raggiungere i 2/3 anche solo in una camera, la legge ha efficacia sospesa: il Presidente della Repubblica deve aspettare tre mesi per la sua promulgazione.
In questo tempo, infatti, si può fare quello che viene chiamato referendum confermativo, in cui gli elettori sono chiamati ad esprimersi sulla legge costituzionale. Per questa consultazione, a differenza del referendum abrogativo, non è chiesto nessun tipo di quorum strutturale, mentre il quorum funzionale è il 50%+1 degli elettori.
Il Referendum, si sottolinea, è uno strumento che l’art.138 mette a disposizione delle minoranze. Infatti, esso può essere chiesto da: 500.000 elettori della Camera che presentano una raccolta firme presso la Corte di Cassazione, 5 consigli regionali o il 20% dei membri di una delle due Camere.
Il 20 settembre 2020, l’Italia è andata al voto per esprimersi sulla riforma del taglio dei parlamentari proprio in forza di questa disposizione. La riforma, nella seconda seduta, raggiunse la maggioranza qualificata dei 2/3 alla Camera, ma non al Senato: la legge fu approvata, ma non promulgata. Allo scadere del terzo mese di sospensione, un insieme di Senatori firmò per chiedere il referendum sorpassando abbondantemente il 20% richiesto e l’Italia, dopo un eccezionale rinvio, si espresse favorevole confermando l’approvazione parlamentare.
Ma leggendo l’art.138, alcune domande sorgono spontanee. Tutti gli articoli della Costituzione possono essere modificati? E con il 138, si può modificare il 138?
La risposta a queste domande, in realtà, non è certa. In linea di massima, però, si può affermare con convinzione che ci sono sicuramente alcuni articoli della Costituzione che non possono essere modificati. Non fraintendete queste parole: all’interno della Costituzione, tutte le norme hanno pari grado e non esistono articoli di rango superiore rispetto ad altri. Però, è comunemente riconosciuto che almeno i primo 12 articoli (i c.d. “Principi fondamentali”) non possono essere cambiati, essendo il cuore della Costituzione stessa. Se dovessero mancare, insomma, crollerebbe tutto l’ordinamento giuridico. Alcuni costituzionalisti, inoltre, sostengono che si dovrebbe considerare immodificabile anche tutta la prima parte della Costituzione inerente ai “Diritti e doveri dei cittadini”.
Una chiave di lettura per dissipare questi dubbi la fornisce l’art.139, stabilendo che “la forma repubblicana non può essere oggetto di riforma costituzionale”. Questo non significa solo che non si può più fare un referendum tra monarchia/repubblica, ma anche che si debbono ritenere immodificabili tutti quegli aspetti contenuti nella Carta Costituzionale senza i quali potrebbe venire a mancare la c.d. forma repubblicana. Ma quali sono questi aspetti? Dove sono contenuti? È chiaro che non siamo di fronte ad un caso di facile interpretazione.
E veniamo ora all’ultima domanda: si può modificare l’art.138 usando il 138? Alcuni costituzionalisti, specie i più anziani, sostengono di sì. Ma a mio avviso è meglio seguire il pensiero del costituzionalismo più recente, per cui l’art.138 non può auto-ritoccarsi in forza del principio per cui una norma non può modificare la propria fonte, perché così facendo si produrrebbe un paradosso che definisco “auto-cannibalismo giuridico”.
È mai stato violato l’art.138? Sembra assurdo, ma sì, è successo. Stiamo parlando della riforma del 2012 che ha introdotto nella Costituzione il Patto di Stabilità imposto dall’Unione Europea, modificando fortemente l’art.81 in materia di copertura finanziaria delle leggi, governo dell’economia e pareggio di bilancio. L’UE mise un po’ di fretta e così il nostro Parlamento, con un procedimento ordinario, finse di non vedere il 138. Giusto? Sbagliato? Ad ognuno il suo giudizio personale.
Appuntamento mercoledì 16 dicembre con: “Vita, morte e miracoli della legge di bilancio”
Alessandro Frosio