«In questo momento l’emergenza sanitaria non è certo finita, e tutta la nostra attività sindacale è concentrata sul garantire lavoro e sicurezza degli operatori, in una delle filiere indispensabili per la collettività, ma se alziamo gli occhi e guardiamo in prospettiva, si può cercare di intravedere quale sarà il commercio del domani. Il trend in atto da qualche tempo nel settore della grande distribuzione è stato accelerato dall’epidemia del coronavirus, e non è detto che l’auspicata conclusione della quarantena generale debba per forza rimettere a posto tutte le carte: la “forma iper”, nel commercio, ha perso la sua “spinta propulsiva”. Il gigantismo del commercio ha toccato il suo apice nel decennio precedente e ora cerca nuove ricette per uscire da una crisi di questo format che negli ultimi anni ha comportato una perdita del 30% dei posti lavoro». Così, Alberto Citerio, segretario generale Fisascat Cisl Bergamo, legge i dati “in emergenza” del commercio di città e provincia nell’ultimo mese, come riportato in un comunicato stampa diffuso dalla Cisl provinciale.
Tutti nel punto più vicino. Complici le disposizioni che invitano a recarsi nel punto vendita più vicino, le grandi superfici di vendita all’interno dei centri commerciali della provincia hanno registrato cali di fatturato che vanno dal 30 al 70%, cali della clientela che toccano punte dell’80%; nei vari ipermercati, il personale denuncia casi di malattia per il 35-40% del totale; la percentuale media di calo di scontrini si aggira sul 50%, mentre c’è un incremento dello scontrino medio, a testimonianza che vi si reca solo per spese più consistenti, e non più per la spesa giornaliera. E intanto, volano i discount: in alcune catene, il fatturato di marzo è salito del 100% rispetto allo stesso mese del 2019, e le catene sono disperatamente alla ricerca di personale, mentre i “concorrenti nobili” iniziano a far ricorso agli ammortizzatori sociali. «Quella che era una tendenza già in atto (crisi di iper e ripresa del negozio) il virus lo sta accentuando. Le gallerie commerciali vengono percepite come luoghi non sicuri e non accoglienti, e comunque lontani e fuori dalle cerchie concesse dai comuni».
Dieci anni di calo. Già prima della crisi sanitaria, a Bergamo, in 10 anni, è stato registrato un calo del 30% degli occupati del settore; la produttività è scesa del 22%; la superficie complessiva di vendita non cresce più; oltre la metà dei consumatori preferisce fare la spesa sotto casa, e i negozi indipendenti specializzati hanno l’indice di soddisfazione più alto (47%). «Dopo la “sbornia inauguratrice” dei primi 2000, negli ultimi cinque anni le nuove aperture in provincia di Bergamo sono stati una decina di nuovi Discount e altrettanti supermercati di medie dimensioni. Niente più iper…». In questo orizzonte, i discount hanno registrato la migliore crescita media annua delle vendite: più 9,6%, mentre la rete di punti vendita della Gdo nel suo complesso è stata ridotta dello 0,6%. Nel 2018 (ultimo bilancio disponibile), i discount occupano una fetta di mercato del 18,5%. In 10 anni sono cresciuti del 5%, e nelle zone in cui è stato aperto un nuovo discount, gli ipermercati hanno registrato una flessione negativa del 3%. Anche a Bergamo, nei bilanci delle grandi catene, si legge che a fine 2017, la grande distribuzione ha avuto un incremento dei fatturati dello 0,6%, i “supermercati tradizionali” del 24,2, i discount del 44,3%.
E il no food? «Intanto, il settore su cui ancora non si riesce a fare considerazioni “scientifiche”, è il no food: tutti i negozi sono chiusi, e molta parte del mercato si è spostata sul commercio on line… Cosa succederà con la ripresa?», si chiede Citerio, «Gli ipermercati nei centri commerciali in provincia occupano circa 6000 dipendenti – conclude il sindacalista -: in tante situazioni sono già stati attivati ammortizzatori sociali, con qualcun altro se ne sta discutendo, mentre le catene discount chiedono aiuto per reclutare personale…».