II DOMENICA QUARESIMA ANNO A
Dal Vangelo secondo Matteo (17,1-9)
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco, apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo. Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».
Commento
In modo più o meno avvertito abbiamo il sospetto che al fondo della vita ci sia un inganno radicale. Essa ci appare come una promessa di bene, ma nello stesso tempo abbiamo la sensazione di una illusione. Facciamo esperienza che proprio quando la vita viene donata, venga contemporaneamente tolta, perchè fatalmente siamo destinati a morire. Questo sospetto erode la fiducia nelle sue possibilità, mette in dubbio che sia bella. Questo ci toglie l’entusiasmo di vivere e determina un atteggiamento di rassegnazione e di ripiegamento su se stessi, compresa la depressione, oggi molto diffusa. In alternativa si cerca di godere il più possibile, moltiplicando le occasioni di provare tutto senza scegliere in fondo nulla. Vi è una crisi di idealità, nello sforzo si sopravvivere nel modo meno peggiore possibile: si vivacchia, come dice papa Francesco. Questo scetticismo di fondo si basa sulla persuasione che non ci sia nulla più forte della morte, e che quindi tutto precipiti nel nulla. Questa mancanza di fiducia impedisce di vivere il tempo che ci è dato in pienezza e profondità, ricercando le belle cose che esso ci riserva; esse si possono riassumere nel pieno sviluppo della nostra umanità con la creazione di relazioni personali e sociali autentiche, basate sull’amicizia, la giustizia e la fraternità.
Il brano di Vangelo odierno ci mostra l’assoluta fiducia di Gesù nella vita, nella possibilità di realizzare un’umanità buona. Egli ha insegnato le profondità e le altezze cui può giungere l’amore disinteressato e fraterno tra gli uomini. Vuole continuare su questa strada, nonostante la sua proposta sia accolta con crescente ostilità, che sfocerà nel tragico epilogo della condanna al supplizio della croce. Egli sa che c’è qualcosa più forte della morte, la sua relazione con Dio Padre, che approva pienamente il suo comportamento e di come sa trasfigurare la sua umanità in un rapporto filiale con Lui e in uno fraterno con gli uomini. Il suo coraggio e la sua fiducia poggiano su questo incondizionata approvazione del Padre.
Questa fiducia troverà il pieno riconoscimento con la risurrezione del crocifisso, anticipata nell’evento della Trasfigurazione narrata nel brano evangelico odierno. Essa mostra il valore di ciò che sta vivendo e insegnando Gesù, espresso da una luce che tutto trasfigura. Questa manifestazione è di sostegno e di incoraggiamento per lui stesso in cammino verso Gerusalemme e per i tre discepoli, incerti nella loro fede. La visione della Trasfigurazione li prepara allo scandalo della croce, perchè non ne rimangano travolti. Essa diventa un sostegno anche per noi, tentati come siamo di credere che la vita sia un inganno. Più forte è invece l’amore, la forza originaria da cui tutto ha origine ed a cui tutto è destinato, perchè è Dio stesso è AMORE, come dice l’evangelista Giovanni: “Amiamoci gli uni, gli altri … perchè Dio è AMORE” (I Giovanni, 4, 6-8).