CORPUS DOMINI 2018
Dal Vangelo secondo Marco, 14,12-16; 22-26.
Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?».
Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi».
I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.
Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».
Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.
Commento
Nonostante l’introduzione della lingua italiana e la riforma del rito la celebrazione dei sacramenti, e in particolare della messa, la gente diserta sempre più le celebrazioni liturgiche. I motivi vanno cercati nelle modalità delle celebrazioni, non sempre all’altezza e debitamente curate, ma anche nel cambiamento di atteggiamento provocato dalla mentalità moderna. Questa non si mostra contraria al rito, anzi ha sostituito al rito della messa domenicale, che dava il senso della festa e l’identità sociale alla comunità, altri riti, come la passeggiata col cane, le gare non competitive, la partita di calcio, il centro commerciale; questi ed altri sono i nuovi riti che danno una definizione alla domenica. Essi posseggono un significato più immediatamente percepibile di una celebrazione religiosa, perchè si è creata una società secolarizzata che trova il senso della vita al di fuori di ogni riferimento a Dio.
Ma le responsabilità dell’abbandono sono dovute anche al mancato ripensamento dell’atteggiamento religioso di coloro che ancora praticano. L’accostarsi alla sfera sacra dipende ancora troppo, forse, da una concezione magica, che cerca di strappare una grazia particolare a Dio, a rimedio delle debolezze umane. Ora la celebrazione eucaristica non può essere ricondotta ad un gesto magico, con cui assicurarsi una aiuto speciale. Se si accetta questa riduzione, non si avverte la necessità della messa, che è una celebrazione ben diversa.
Si potrebbe definire sinteticamente la messa come la comunicazione di una Parola in maniera rituale, cioè accompagnata da un gesto che tocca la sensibilità del proprio corpo e che la esprime. Pensiamo ad una parola di perdono seguita da un abbraccio o da una stretta di mano; ad una dichiarazione di affetto accompagnata da una carezza … In questi giorni abbiamo ricordato con commozione l’espressione di Giovanni XXIII “La carezza del papa” del suo Discorso della luna. Ora si potrebbe dire che l’Eucarestia è la carezza di Gesù.
Ora l’Eucarestia è la comunicazione di un messaggio fondamentale di Dio, il quale ci riconferma l’Alleanza Eterna fondata sul suo Amore. Egli ci ripete: “Io ti amo e ti amerò sempre”; “Io ti perdono”; Tu sei importantissimo per me sei mio figlio prediletto”. Queste parole non sono fondate sul nulla, ma sulle prove di amore fornite da Gesù, dal suo offrirsi disinteressato e generoso per l’uomo. Dobbiamo richiamarle di continuo per evitare il rischio di dimenticarle. Esse invece ci devono continuamente sorprendere, perchè su di esse si fonda la nostra identità. Troviamo le dimensioni dell’amore grazioso e del tutto immeritato di Gesù verso ciascuno di noi. Noi siamo chiamati a rinnovare il ricordo di questo amore, quando, come figli amati, diciamo insieme il Padre Nostro. Questo ricordo della donazione di Gesù, che si concretizza nel pane spezzato, cioè in una vita offerta, trasforma ciascuno di noi in uomini di amore grazioso, ricchi di generosità e di misericordia. Mediante l’unione con Gesù e il gesto di mangiare l’Eucarestia, il pane spezzato, attualizziamo la nostra identità profonda, l’essere figli di Dio e fratelli. Come è stato detto fin dall’antichità i cristiani sono chiamati a diventare “concorporei e consanguinei di Cristo”. Questa è la grazia di cui abbiamo bisogno, la carezza di Gesù, che ci sostiene e ci guida nel cammino della vita.