DOMENICA II QUARESIMA ANNO B
Dal Vangelo secondo Marco, 9,2-10
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.
Commento
Una delle chiavi per la comprensione del brano odierno è quello di rifarci alle tentazioni che Gesù subì nei quaranta giorni di deserto all’inizio della sua vita pubblica. In genere si ritiene che Gesù uscì da questa prova vaccinato contro ogni forma di tentazione. In realtà questo racconto significa che Gesù, dopo che ha accettato di essere immerso pienamente nel destino umano, è stato tentato fin dall’inizio del suo ministero e che le tentazioni sono continuate fino all’ultimo suo respiro. La prova più evidente è fornita dalla tentazione subita nell’orto del Getsemani nell’imminenza dell’arresto, quando Gesù istintivamente vorrebbe sottrarsi alla morte; ma afferma: «Padre non come voglio io, ma come vuoi Tu» (Marco 14,36); quindi si fa arrestare. Infine, mentre agonizza sulla croce, le autorità religiose di Israele lo invitano a scendere dalla croce e a liberarsi dal suo supplizio “perchè vediamo e crediamo” (Marco 15, 31-32). Chiedono un’azione spettacolare. Ora queste parole richiamano le tentazioni nel deserto. quando Gesù è invitato dal demonio a compiere qualcosa di simile: gettarsi dal pinnacolo del Tempio di Gerusalemme e lì, di fronte a centinaia di fedeli, librarsi nell’aria e scendere dolcemente, dimostrando di essere il Figlio di Dio. Nessuno avrebbe più dubitato e tutti lo avrebbero seguito ciecamente (Matteo, 3,5-7).
Ora Gesù rifiuta questo modello di Messia potente e glorioso, al quale è sollecitato dalle folle, interessate ai suoi miracoli più che alle sue parole. Perchè Gesù non le ha ascoltate? La ragione è chiara: la richiesta di gloria e potenza che sale dal cuore degli uomini esprime la perversione del loro animo, che è alla radice di ogni male. Se Gesù ci avesse ascoltato, avrebbe seguito una logica peccaminosa e non sarebbe stato il nostro Salvatore. Ora Gesù contrasta radicalmente questa logica. I suoi miracoli sono espressioni di misericordia e non di potenza, perchè manifestano un interessamento alle miserie umane; egli segue la via del servizio umile che sa farsi ultimo, dell’amore ad ogni costo, della misericordia verso i peccatori, del perdono ai nemici, della povertà, dello mascheramento di una pratica religiosa ambigua ed ipocrita, schiava dell’ambizione e della potenza. Risultato: Gesù, dopo i primi momenti di successo, è abbandonato da molti e si è creato molti nemici che pensano di chiudergli per sempre la bocca. Per questo Gesù abbandona la Galilea e si rifugia nei territori pagani di Fenicia e Siria. Ma non può fuggire, decide perciò di rientrare in Galilea, ma di spingersi fino a Gerusalemme per lanciare l’ultimo appello ad Israele.
Ora in questo contesto si pone la Trasfigurazione. Con questa manifestazione sul monte, Dio Padre conferma che quel Messia umile e dimesso, che non incontra il favore popolare e giudicato da alcuni un falso profeta, in realtà è il suo Figlio, che adempie le promesse del Vecchio Testamento, rappresentato da Mosè ed Elia. Il Padre conferma questa la sua messianicità alla vigilia dell’evento più scandaloso: l’arresto a Gerusalemme e la condanna sulla croce, che metterà a dura prova Gesù stesso e sopratutto i suoi discepoli, a cominciare da Pietro. In realtà questa morte è un atto supremo di amore, la vittoria definitiva sul male, oggetto di compiacimento da parte del Padre, che mostrerà il suo assenso con la risurrezione dai morti. Dio apprezza l’amore, non la potenza, che viene subordinata all’amore. La via di Gerusalemme è quindi la via della Trasfigurazione vera, che possiamo condividere anche noi seguendo il Cristo nelle scelte quotidiane.