DOMENICA XXVII ANNO A
Dal Vangelo secondo Matteo 21,33-43.
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «33Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. 34Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. 35Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. 36Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. 37Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. 38Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. 39Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. 40Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». 41Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».42E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi?43Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».
Commento
Non è casuale che le parabole scelte come letture di queste domeniche, quelle passate di settembre, e queste di ottobre, presentino un elemento in comune, rappresentato dal fatto che c’è una iniziativa, un’azione precedente alla quale occorre dare una risposta. Questa iniziativa sta ad indicare l’azione di Dio, che agisce sempre per primo; la risposta indica lo spazio proprio di noi uomini che nella risposta decidiamo del nostro destino e della nostra sorte.
Nella parabola di oggi si parla della vigna, che rappresenta il popolo d’Israele. Ai servi è stata loro affidata un vigna dotata di tutte le strutture necessarie: cinta. frantoio, torre. Come avviene in un contratto di affitto, l’affittuario ha avuto fiducia di coloro che ha assunto, pensando che avrebbero rispettato i patti. Essi invece tradiscono la parola data; non solo non rispettano i patti, ma praticamente si impossessano della vigna, la ritengono una cosa loro. Perciò quando arrivano i messi del padrone, non li riconoscono e giungono addirittura ad ucciderli.
A questo punto emerge il comportamento molto strano del padrone. Egli continua ad avere fiducia in loro; li vuol convincere della loro malvagità non con il castigo, ma con prove di fiducia e di amore sempre più grandi. Questo è umanamente inconcepibile! Infatti il padrone invia altri servi, che vengono ugualmente maltrattati. Alla fine manda addirittura il suo figlio. Questa è una degnazione massima da parte del padrone, che tratta i servi come suoi pari, quasi volesse accoglierli nella sua famiglia. Ricevendo il figlio essi sarebbero stati non solo perdonati dei delitti precedenti, ma sarebbero entrati nella cerchia familiare del padrone, non sarebbero stati più dei semplici servi. A tanta degnazione risponde una malvagità inconcepibile, una cecità totale: l’occasione è buona per impadronirci di tutto. Questa malvagità riesce ad esaurire le risorse di bontà e di perdono del padrone che sembravano inesauribili. Non è più nella possibilità di perdonare anche se lo volesse.
Non c’è descrizione forse più efficace della storia tra Dio e l’uomo, posto nella vigna del creato e della famiglia umana. Dio ha inviato servi e profeti, per illuminarle e correggere, perché la famiglia umana abbia a produrre frutti buoni di amore e solidarietà. Ma il mondo è sempre più una giungla! Alla fine, manda addirittura il suo figlio, come prova del suo amore, per farci capire quanto ci ama. Dio no è un padrone arbitrario, ma un padre. Il suo Figlio Gesù è la prova suprema del suo amore. Invece noi lo abbiamo ucciso. La parabola non dice tutto, perchè, nel caso che i servi si fossero pentiti del delitto, il padrone li avrebbe ugualmente perdonati. Così è capitato con Gesù, che è morto perdonando.
Il dovere di noi vignaioli è diventare consapevoli di tutto questo amore folle di Dio per noi e non trascurare il dono del suo Figlio. Lo uccidiamo quando cadiamo nell’indifferenza, nell’apatia, oppure siamo ossessionati dall’autosufficienza e dal desiderio di potenza, che ci porta al disprezzo del Vangelo e alla persecuzione di coloro che ci richiamano a Gesù.