Nelle amministrazioni pubbliche emerge spesso una mancanza di credibilità: opportunismo e raccomandazione sembrano essere la normalità. Questo porta ad una disaffezione e una mediocrità generalizzata, a cui conseguono demotivazione e cattivo utilizzo di persone e professionalità. di Stefano Girardi
Bisognerebbe, invece, aggregare intorno ai pochi spunti di eccellenza (che pur ci sono) gli altri dipendenti, determinando un cambiamento credibile: in maniera pratica si dovrebbe riuscire a far prendere coscienza dei risultati conseguiti, creando così attitudine alla performance. Con il miglioramento delle condizioni organizzative e lo sviluppo di una cultura realmente meritocratica (ricordando che l’equità distributiva è un fattore igienico e non motivante), aumenterebbe anche l’attrattività del settore pubblico.
Per attirare i migliori, infatti, si dovrebbe diventare competitivi su più fronti: retributivo (sfatare il falso mito che nel pubblico si guadagna meno che nel privato), professionale (creare un ambiente stimolante), organizzativo e sul piano dei valori.
La parola d’ordine, per cominciare ad innovare le Pubbliche Amministrazioni, dev’essere flessibilità.
Senza uno snellimento organizzativo, infatti, la burocratizzazione, la rigida divisione in uffici e la monotematicità di certe figure professionali portano solo ad un inutile appesantimento del lavoro.
Questo obiettivo così ambizioso richiede però scelte coraggiose: il quadro normativo deve essere semplificato e il decentramento delle decisioni deve effettivamente realizzarsi, riducendo al minimo i livelli organizzativi e puntando via via su aggregazioni temporanee di capitali –umani e finanziari- e su di una sempre più marcata interdisciplinarietà.
Attraverso questo processo di rotazione delle mansioni il singolo dipendente viene maggiormente valorizzato e motivato, rendendo anche più semplice la sua mobilità fra i vari enti pubblici.
di Stefano Girardi