Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «38Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. 39Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, 40e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. 41E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. 42Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.
43Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. 44Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, 45affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. 46Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? 47E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? 48Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».
Commento
Il Vangelo odierno propone le ultime due antitesi (Avete inteso che fu detto … ma io vi dico), certamente le più significative e dirompenti dell’insegnamento di Gesù.
L’Antico Testamento aveva introdotto la legge del taglione, che rappresentava il tentativo di arginare la violenza indiscriminata cui porta lo spirito di vendetta. Gesù non la rinnega, ma radicalizza l’esigenza iscritta in quella legge invitando non solo a contenere vendetta ma ad eliminare lo stesso spirito di vendetta dal fondo del cuore. Esso è chiamato a svuotarsi completamente da ogni forma di odio per rispondere al male con il bene. Gesù porta quattro esempi volutamente paradossali. Perciò non debbono essere interpretati alla lettera, ma intesi secondo il fine per il quale sono stati detti: rimuovere dal nostro cuore il desiderio della vendetta e imparare a rispondere al male con il bene. Non ci è richiesto di rinunciare alla difesa e di accettare le ingiustizie, senza ricorrere ai mezzi previsti dalla legislazione civile, bensì di non mettere tutto il nostro puntiglio nel voler vincere ad ogni costo e nello schiacciare ed umiliare la contro-parte. Chi è mosso da autentico spirito evangelico non manca mai di rispetto nei confronti dei propri avversari e li considera sempre fratelli. Se è possibile, sa anche rinunciare in parte o in tutto a chiedere giustizia, disposto a subire qualche torto senza reagire e a portare pazienza, pur di ricuperare un fratello. Gesù ci ricorda che il torto subito non è un male estremo, la sopportazione è un atto di virtù, che ci assimila a Lui venuto a portare (= sopportare) i peccati degli uomini, e che può diventare occasione per formare in noi lo spirito di umiltà, componente essenziale della carità.
La seconda antitesi estende il precetto dell’amore dal prossimo, cioè dalla cerchia dei parenti, degli amici e dei connazionali, ai nemici. Per Gesù l’amore deve estendersi a tutti, anche a chi fa del male. In questo caso Gesù fornisce delle indicazioni concrete, consapevole che la nostra debolezza esige una gradualità nel cammino verso la perfezione. Si parla anzitutto di preghiera per il nemico: molto spesso il cammino del perdono parte proprio da qui. E poi la molla che ci spinge al perdono non può essere se non quella di ritornare incessantemente a considerare che anche noi facciamo parte di quegli ingiusti che Dio perdona e su cui fa piovere e sorgere il sole. Inoltre la strada della riconciliazione parte spesso dai gesti più semplici, ma non sempre facili, come quello di dare per primo il saluto. A suggello del suo insegnamento Gesù ci offre la ragione di fondo: non siamo noi a decidere la misura dell’amore e del perdono, ma è Dio, il Padre: «Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste». Giovanni Paolo II traduceva l’insegnamento di Gesù con una frase particolarmente incisiva: «Non c’è pace senza giustizia, ma non c’è giustizia senza perdono». Il cardinale Martini aggiungeva: « Ma non c’è perdono, senza un pò di amore verso il nemico».