Ha raccolto ben oltre le 500 firme necessarie la lista sostenuta dalla nostra Associazione Soci UBI e, soprattutto, dagli ex dipendenti della Popolare Bergamo. Una lista pluralista, trasversale, indipendente che rappresenta, finalmente, il mondo delle piccole imprese, dei dipendenti, dei professionisti e della società civile bergamasca: una lista che segna la discontinuità, che rappresenta il territorio e che ha tutte le prerogative per consentire ad UBI di tornare ad essere una vera cooperativa (vedi il nostro primo articolo nel lontano 2003).
Ora questa lista potrebbe risultare la più votata all’assemblea del 20 di aprile e conquistare ben 18 consiglieri su 23. Ciò potrà avvenire anche solo se ciascuno dei 700 che l’hanno sostenuta si presentassero con le 3 deleghe previste a norma dell’art.26 dello statuto.
Per dare il giusto peso a “UBI, banca popolare!” c’è da considerare questi ulteriori aspetti:
– la comprensibile preoccupazione dei dipendenti di perdere il proprio posto di lavoro ha preso il posto e prevale rispetto al naturale timore reverenziale di manifestare pubblicamente il proprio pensiero al cospetto dei propri superiori (in tal senso si segnala un volantino dell’Organo di Coordinamento DIRCREDITO – BPB dal titolo “NON CALPESTATE GLI ANTICHI VALORI. GRAZIE” ed uno della OdC BPB Spa che riportiamo integralmente alla fine dl presente articolo);
– il caratteristico sistema italiano del voto di scambio, che è ha permesso che si potessero realizzare situazioni come quelle verificatesi a Lodi (Banca Popolare Italiana) o più recentemente a Siena (MPS), ha prodotto danni così evidenti che la gente comune inizia a pensare che sia arrivato il momento di tornare a creare valore per le proprie aziende e per le proprie famiglie senza illudersi di poter percorrere pericolose scorciatoie;
– le aziende iniziano a dubitare che sia socialmente opportuno pagare delle quote associative quasi esclusivamente per ottenere la mediazione creditizia di certe associazioni di categoria. Quelle stesse aziende stanno acquisendo la nuova consapevolezza che l’accesso al credito deve essere garantito a tutti solo ed esclusivamente secondo criteri di una mera affidabilità economica e morale.
Questo repentino cambiamento è stato compreso anche dall’erede designato del Cav. Emilio Zanetti, il Dott. Andrea Moltrasio, che – sino a qualche giorno fa nella speranza che le firme non venissero raccolte – aveva dichiarato che “quella guidata dal professor Resti sembra la più improvvisata, e lo si vede anche dalla sua composizione”. Ora abbiamo ragione di pensare che sia preoccupato di fare la fine di Bersani alle ultime elezioni.
Ugualmente dispiaciuto l’Onorevole Giorgio Jannone che vede spegnersi la certezza di entrare nel Consiglio di Sorveglianza, come sarebbe accaduto quale rappresentante dell’unica lista alternativa. Infatti, lo Statuto di Ubi prevede che una sola lista si aggiudichi i consiglieri di minoranza: uno solo nel caso che abbia voti al massimo pari al 15%, tre se resta sotto il 30% e cinque se ottiene più del 30%.
Il candidato a Presidente del Consiglio di Sorveglianza della lista “UBI, banca popolare!” è il professor Andrea Resti, 47 anni, che insegna alla Bocconi gestione dei rischi finanziari ed è un apprezzato esperto, in Italia e all’estero, in materia di banche e regolamentazione di vigilanza. Nelle sue prime uscite da candidato, ha sottolineato l’attenzione al territorio: “Dopo il fallimento di Lehman Brothers, nel 2008, le più grandi banche italiane hanno rischiato di perdere all’improvviso la fiducia dei depositanti e di dover fronteggiare deflussi di cassa insostenibili. Nello stesso periodo, le piccole banche di credito cooperativo hanno accresciuto la raccolta, perché per i loro clienti ritirare i risparmi da quelle banche sarebbe stato come portarli via a se stessi. E’ una lezione che anche gli istituti più grandi devono imparare: l’identificazione con il territorio costa fatica, implica la necessità di dare il buon esempio e di farsi carico dei problemi del tuo cliente, ma alla fine paga, in termini di solidità, profitti e prospettive” .
Resti rifugge elegantemente qualunque polemica con Moltrasio: “Non siamo i rottamatori del management attuale e non ho problemi a dire che la banca è stata guidata da figure di alto livello. Però il ricambio è necessario a prescindere dalle persone, perché chi ha costruito la casa comune non è libero di vederne le debolezze senza subire i condizionamenti del passato, né di porre in atto le politiche necessarie a rimuovere rapidamente incertezze e ritardi.” E fa l’esempio dei direttori di filiale della Banca d’Italia: “dirigenti validissimi, ma periodicamente vengono cambiati perché qualcun altro prenda in mano la gestione con energie nuove e assoluta libertà di visione.”
Sul modello popolare il professore ne conferma la bontà sottolineando insieme l’attenzione a efficienza e profitto.
Il messaggio forte sulla riduzione dei costi di governance: “è giusto che l’esempio arrivi dai vertici. Qualcuno ha scritto che ci siamo candidati in 18 per un Consiglio che ha 23 posti perché abbiamo fatto fatica a individuare adeguate candidature. Non è così: vogliamo mostrare tangibilmente che non stiamo cercando poltrone, che vogliamo una cabina di regia più snella e meno onerosa. Vorremmo mandare un messaggio forte e credibile a chi, ogni mattina, alza la serranda delle filiali, magari con uno o due impiegati in meno dell’anno scorso. Per questo abbiamo chiesto un passo indietro ad alcune persone validissime, che hanno dato una disponibilità straordinaria a sacrificarsi in prima persona, rinunciando a entrare in lista e consentendoci di ridurre il numero a 18.“.
Nella lista figurano gli avvocati Ignazio Bonomi e Marco Leali, gli imprenditori Luciano Pezzoli, Luca Cividini, Laura Bertulessi e Anna Loreadana Cassina, l’ex dirigente Marco Pesenti, i dottori commercialisti Simonetta Mangili, Beatrice Mascheretti e Dorino Agliardi, l’ex dirigente della Banca d’Italia di Bergamo Emilio Gramano, esperti nel settore bancario quali Marco Gallarati e Maurizio Zucchi, oltre a Marco Balzarini, Giangiacomo Alborghetti, Stefano Franchini e Daniele Bonetti.
Molti di questi nominativi sono poco noti, non appartengono al mondo dell’establishment bergamasco, hanno pochi incarichi e, forse, soffrono di “provincialismo”.
“Ma io sono un provinciale!” rivendica Resti con un sorriso “E con gli occhi del provinciale, attento alla sostanza, diffidente dagli imbrogli e mai spaventato dalla fatica, giro l’Europa incontrando il management delle grandi banche, i rappresentanti dei lavoratori, le autorità di vigilanza. Con curiosità e concretezza, senza mai dimenticarmi di mettere un po’ di questo “provincialismo” in valigia…”
Insomma, per Bergamo è un’occasione storica e, se pensiamo che a Siena il MPS ha dovuto pagare 19 miliardi per acquistare Antonveneta, fa scalpore che i bergamaschi possono riprendersi gratuitamente la loro Banca Popolare di Bergamo (quella più redditizia di tutto il Gruppo UBI) semplicemente votando in assemblea per la lista capitanata dal professor Andrea Resti.
Un’occasione che difficilmente si potrà ripresentare, per questo “UBI, banca popolare!” non dovrà vincere ma stravincere per dare alla nostra gente quella scossa che è necessaria per combattere, prima di tutto, la disoccupazione e la sotto occupazione, in particolare quella giovanile.
La speranza è che altri possano presto sostenere pubblicamente questa lista, pensiamo alle associazioni di categoria, al sindacato (FABI, CGIL, ecc.) e siamo certi che la libera stampa bergamasca comprenda la situazione e sia pronta a raccontare la cronaca delle prossime settimane con un’analisi serena ed obiettiva della situazione.
di Giuseppe Allevi (Associazione Soci UBI)
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NON CALPESTATE GLI ANTICHI VALORI. GRAZIE
Circolano voci di inusitate pressioni, pressioni esercitate sui dirigenti di BPB per indurli a prendere le distanze da liste “eretiche” sostenendo incondizionatamente la lista ufficiale.
Pensavamo di essere, ancora, una banca popolare nella quale ogni socio, anche se dipendente, potesse decidere liberamente con chi stare o per chi votare e, invece, scopriamo che era solamente una favola raccontata da “qualcuno” nell’intento d’ottenere l’unanime consenso dei dipendenti-soci.
Ora che ai soci, fra i quali riconosciamo molti dipendenti, pensionati e loro familiari riconducibili alla nostra banca, si prospetta la possibilità di scegliere tra diverse proposte scopriamo che la bella favola era, appunto, una favola.
A coloro che ricoprono cariche dirigenziali nella nostra banca, a coloro che stanno in cima alla filiera, a coloro che in passato hanno garantito i risultati assembleari con maggioranze bulgare, cosa sta accadendo? Come mai alle benevole e suadenti parole, un tempo spese quasi a ricoprire la figura del buon padre di famiglia, oggi prevalgono note stonate del tipo: “non fate così, non credete agli altri, se non la pensate come me sbagliate, ecc…”
Dove stiamo andando? … e soprattutto dove siamo finiti?
Cos’è questa odiosa voglia di imporre la propria visione calpestando il pensiero e forzando la volontà delle persone.
Per favore smettetela!
Rispettiamo i valori della cooperativa, il pensiero altrui e soprattutto le idee nel momento in cui scopriamo essere diverse da quelle “ufficiali”.
Al sindacato, se il presente appello al rispetto non sarà raccolto, non resterà che denunciare nelle sedi preposte il rischio di gravi violazioni nel diritto di pensare e sostenere chi ci pare.
… per farla breve, di garantire la DEMOCRAZIA!
Bergamo, 27 Marzo 2013 Organo di Coordinamento DIRCREDITO – BPB
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CREDITO, ESATTORIE E ASSICURAZIONI – UIL C.A.
Aderente a Union Network International – UNI
email mario.pittarello@uilcavarese.it
tel. 0332 238155 internet: www.uilcaubibanca.it
Via Medaglie d’Oro, 8 – 21100 VARESE
Organo di Coordinamento BPB spa
CLIMA PESANTE!
Nella nostra Banca si stanno rincorrendo da alcuni giorni rumors sempre più insistenti che descrivono un clima di intimidazione nei confronti del corpo dirigenziale e non solo.
Oggetto delle “attenzioni” sarebbero l’atteggiamento ed i consigli “operativi” a favore della lista “ufficiale” che i dirigenti devono seguire e devono “comunicare” alla rete in vista della prossima Assemblea.
Ovviamente i Colleghi, e noi con loro, sono sconcertati perchè mai avrebbero pensato che nella Banca Popolare di Bergamo potessero accadere cose simili.
Come sindacato, ci auguriamo che vengano smentiti questi “rumors” in quanto il voto in assemblea deve essere libero e segreto, anche se parrebbe che da quanto riferitoci da diversi colleghi qualche zelante dirigente si sia già diligentemente attivato anche nel
corso di recenti area meeting.
Ricordiamo comunque a tutti l’importanza della presenza anche dei dipendenti soci in assemblea trattandosi di un appuntamento fondamentale, e forse l’ultimo, per disegnare il futuro della Banca e quindi anche il nostro.
Il voto che ciascun socio, collega o cliente, decide di esprimere in assemblea deve essere libero da condizionamenti .
Questo è, o meglio dovrebbe essere, lo spirito di una vera Banca Popolare.
Invitiamo i Colleghi a segnalarci situazioni e comportamenti impropri da parte di chiunque, sarà nostra cura coinvolgere le istituzioni preposte affinchè TUTTI possano liberamente esprimersi il 20 aprile prossimo.
Bergamo, 29 marzo 2013
Segreteria OdC BPB Spa
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E intanto Giuseppe Masnaga non è più direttore generale della Banca Popolare di Bergamo, incarico che aveva assunto nell’aprile del 2008.
Incredibilmente giovedì 28 marzo il presidente Emilio Zanetti ha invitato i dipendenti della Banca Popolare di Bergamo ad evitare scontri con un videomessaggio sulla rete interna. Raccomanda l’unità evitando spaccature determinate da ambizioni personali così che molti hanno pensato che facesse riferimento all’ipotetico appoggio del direttore generale Giuseppe Masnaga alla lista di Andrea Resti.
A questo clima il maggiore sindacato bancario del gruppo, la FABI (con il 40% dei consensi fra i dipendenti sindacalizzati), attraverso il segretario nazionale Attilio Granelli e il coordinatore in Ubi Paolo Citterio, si dichiara equidistante dalle tre liste e auspica «una riduzione del numero di amministratori e top manager con un responsabile contenimento dei loro compensi e benefits». Tema, quest’ultimo, caro anche al Professor Resti ma che, evidentemente, non è bastato a convincere il sindacato a schierarsi apertamente con lui.
Riportiamo un’intervista rilasciata da Giuseppe Masnaga all’Eco di Bergamo:
Dottor Masnaga, un addio sorprendente che fa male…
«Non voglio parlare della mia vicenda personale, il comunicato stampa dice quanto necessario. Nel mio mestiere ho imparato che la riservatezza va sempre osservata. Su questa vicenda, invece, si è già detto troppo, talvolta a sproposito. Sono comunque sereno: ho la consapevolezza di aver fatto fino all’ultimo minuto il mio dovere, sempre avendo a cuore gli interessi della banca».
C’è chi pensa il contrario: in tanti la indicano come il regista occulto della terza lista e senza mai citarla, il presidente Zanetti, nel video inviato ai dipendenti, ha parlato di persone che tentano di destabilizzare il vertice del gruppo…
«Se rivolte a me, sono accuse che non credo di meritare. Faccio fatica a credere che chiunque mi conosca possa paragonarmi ai personaggi evocati nel filmato».
Non negherà che a un certo punto la sua preferenza è andata in direzione del professor Resti…
«Non ne farei una ragione di preferenze: per Ubi questa è un’occasione unica per realizzare pienamente il concetto di democrazia societaria. Mi rifaccio alla regola fondamentale di una banca popolare: ogni socio conta quanto gli altri, a prescindere dalle azioni possedute. Ciò permette alla banca di essere autenticamente indipendente rispetto ai centri di potere, condizione essenziale quando si gestiscono denari altrui. La possibilità di un socio di scegliere tra più proposte è una grande opportunità e non può essere considerata un attacco alla stabilità societaria. Se, invece, da posizioni di potere, si prospettano scenari infausti per impedire la possibilità di libera scelta, si rischia di far saltare il meccanismo che regge l’intero impianto della cooperativa».
Invece c’è chi ha parlato apertamente di tradimento e lei, nel giro di poche ore, si è ritrovato fuori dalla banca….
«C’è stata una risoluzione consensuale. Prendo comunque atto che, in un’intervista, il candidato Moltrasio affermava che se il mandato non era condiviso, si poteva andare via: alla fine così è stato».
Davvero è convinto che la lista Resti sia la migliore?
«La cosiddetta terza lista non è figlia di accordi tra pochi soci importanti e si distingue per l’indipendenza assoluta. È capitanata da un bresciano ma appoggiata da bergamaschi, fattore fino a qualche tempo fa impensabile. Inoltre Resti non è lì perché appartenente a questo o a quel fronte: è un profondo conoscitore del mondo finanziario e bancario, un’autorità nel suo campo, collabora con le autorità di vigilanza bancaria ed è apprezzato per il suo rigore intellettuale. In una parola, credo abbia fondamentali migliori dei suoi competitor, tenendo presente che il consiglio di sorveglianza di una banca è un organo di indirizzo e controllo».
Però c’è chi asseriva che lei volesse scalare i piani alti, con l’ambizione di passare dalla direzione generale della Popolare a quella di Ubi.
«Niente è così lontano dal mio modo di pensare. Anche in questo caso, chi mi conosce sa che non c’è nulla di più falso».
Cosa ha pensato dopo aver visto il video del presidente Zanetti ai dipendenti?
«Ero incredulo, come molti colleghi. Non ho mai visto parlare il presidente con quello stile, quasi non lo riconoscevo. Chiaro che quelle frasi, pronunciate da un uomo a cui ho voluto bene, mi hanno fatto male: spero che, riconsiderando il tutto a mente serena, certe affermazioni possano essere riviste».
In queste ore ha ricevuto attestati di solidarietà?
«Sì, molti. Tantissimi colleghi, amici, clienti, esponenti del mondo associativo, mi hanno espresso vicinanza, affetto. A tutti sono riconoscente. Significa che hai seminato bene: la mia porta era aperta a tutti».
Intanto alcuni sindacati esprimono preoccupazione per pressioni che sarebbero state esercitate soprattutto su dirigenti della Popolare. «Domanda da girare ai sindacati. Sicuramente è auspicabile arrivare all’assemblea in un clima più sereno».
Appunto, l’assemblea: ora molti si domandano se ci sarà un effetto-Masnaga sul voto.
«Non so, francamente non sopravvaluterei troppo la vicenda. Mi auguro che i soci arrivino con idee basate su riflessioni autonome, ascoltando la propria coscienza. Spero che nessuno si faccia irretire da lusinghe o false promesse o, ancor peggio, condizionare da pressioni esterne».
Lei in assemblea ci sarà?
«Può scommetterci. Sono socio a tutti gli effetti e attendo con ansia un appuntamento storico per la banca. Mi aspetto che i soci sappiano cogliere questa opportunità di democrazia, augurandomi che nessuna delle liste arrivi a denigrare l’altra, accettando un confronto sereno che punti al bene del gruppo».
Oggi che sentimenti prova verso Ubi e la Popolare?
«Affetto e riconoscenza. Se qualcuno si aspetta che lanci strali contro l’istituto sbaglia: non farò mai qualcosa che vada contro gli interessi della Popolare. Non si cancellano 32 anni di vita: io ho fatto tutta la gavetta, cominciando da giovane collaboratore legale mentre mi laureavo in Giurisprudenza, fino alla carica di direttore generale. Ho conosciuto persone straordinarie che mi hanno aiutato nel mio percorso e che ringrazio: credo anch’io di aver contribuito in qualche modo alla causa».
Due storie all’epilogo, diversissime ma parallele: l’ex ministro Terzi trascorrerà la Pasqua a Brembate, e lei?
«Anch’io resterò in terra bergamasca, ad Ambivere, con la mia famiglia, che mi è stata vicinissima in questi momenti delicati. Se la pioggia concederà una tregua, farò una passeggiata, ma la prego: non scriva che ora mi ritirerò ad ascoltare Brahms…».