Fare una mappa della città vista dall’alto, oggi, è impresa di facile realizzazione. Ci sono aerei, elicotteri, satelliti. Si fotografa in digitale anche da grande distanza. Una volta non era così, ma di mappe ce n’erano lo stesso. E che mappe.
Il secondo studio pubblicato da Tosca Rossi, guida turistica bergamasca, va alla scoperta di una delle immagine più suggestive della Bergamo di una volta. Il volume «A volo d’uccello – Bergamo nelle vedute di Alvise Cima – Analisi della rappresentazione della città tra XVI e XVIII secolo» è questo: un affascinante tuffo nella Bergamo medioevale, una visione del suo assetto urbano prima che venisse sconvolto dalla fortificazione veneziana ultimata nel 1595, addirittura una sorta di passeggiata anacronistica tra viottoli, slarghi, spalti e grumi di case, che permettono di ritrovare il borgo antico colto nel suo aspetto disordinato, ma intonso, spontaneo ma fiero, vegliato dai santi cari alla devozione bergamasca: Vincenzo e Alessandro. Una selva di campanili, torri merlate, porte fortificate; un insieme di case, orti e giardini che generosi e vivaci si dispiegano dal colle al piano, articolandosi nei borghi, quasi fossero falangi di arti in movimento; una cintura di colli ed essenze arboree su cui la città si adagia; un organismo vivo, che pulsa e che restituisce la vivacità di un nucleo urbano, che da allora ad oggi non si è persa e questo proprio grazie alle opere d’arte e ai supporti che l’hanno tramandata e che per merito di questo nuovo studio tutti possono comodamente scandagliare: stiamo parlando proprio delle cosiddette “vedute a volo d’uccello” di Bergamo, riprese nel titolo del libro di Tosca Rossi, tuttora ben conservate ed esposte in archivi pubblici cittadini o in contenitori storici fortunatamente musealizzati, quale è il Museo Storico dell’Età Veneta. Ed è proprio in questo museo che si trova uno degli esemplari ad oggi noti di queste vedute, tecnicamente dette “piante prospettiche”, firmato e datato da Alvise Cima nel 1693.
Lo studio ha il pregio di aver ricostruito l’intera vicenda personale e professionale di tutti i componenti il nucleo familiare di Alvise, di aver analizzato tutto il parco opere ad oggi noto della bottega. Inoltre, tramite il rinvenimento dei testamenti e lo spulcio di oltre 600 atti notarili si è inteso esistessero altre vedute del territorio cittadino e bergamasco, opera del Cima, in parte disperse sempre a causa delle “orde” napoleoniche. Tutto ciò ha dato nuova luce a questo ramo cadetto di artisti, di modesta levatura per il genere religioso, ma di assoluto interesse dal punto di vista storico-documentaristico. Infatti, indirettamente grazie a loro, un altro tassello si aggiunge alla storia della città, perché di un edificio, di cui si era persa memoria, si sono ritrovati atti, cronache e l’inventario di tutti i beni e dei paramenti che corredavano le sue funzioni e che lo ponevano al centro della morbosa quotidianità pubblica nei secoli XVII-XVIII: stiamo parlando della Chiesa della Carità, detta anche del Crocifisso o della Buona Morte, sede della Confraternita omonima legata alla casa madre fiorentina e alla filiale romana, i cui membri appartenevano alle maggiori famiglie nobili dell’epoca e la cui attività era dedicata alla cura, consolazione e sepoltura dei condannati a morte delle carceri cittadine.
Le piante allegate, grazie alla sorprendente nitidezza di siti e alla immediata riconoscibilità degli edifici seppure oggi millenari, propongono una Bergamo che si automagnifica, iscritta entro una cortina di mura, imperniata sulla grande emergenza architettonica della Basilica: in pratica i supporti restituiscono alla città il volto di un museo a cielo aperto della sua architettura, che si sfrangia nei colli e che copre un arco temporale dal Medioevo alla seconda metà del Seicento… ma mai prima d’ora questi supporti erano stati analizzati “pezzo per pezzo”, isolando i singoli edifici (più di 100, 400 se si conteggiano i singoli caseggiati) ed esaminando la loro collocazione, il loro orientamento, le loro fattezze architettoniche, le pertinenze e la loro sinergia, apparentemente muta, ma viva perché connessa con la trama dell’abitato e la storia della città.
Il volume, in vendita nelle libreria della città, è edito da Litostampa Gruppo Sesaab (244 pagine a colori con 4 mappe allegate cm 58×82 cad.).