Da Caravaggio ai vertici della Rolls Royce. E’ il grande salto che ha fatto Andrea Pisoni, 42enne nato e cresciuto in provincia, che dopo una brillante carriera scolastica e un percorso professionale di tutto rispetto, è approdato in una delle società più importanti a livello mondiale per quanto riguarda i motori aerei. In Inghilterra. Già, perché Pisoni è uno dei numerosi, forse troppi, cervelli italiani in fuga. Una di quelle risorse umane che avrebbe potuto fare il bene e lo sviluppo del nostro Paese, ma che alla fine, per i soliti noti e arcinoti motivi che non stiamo qui a elencare, ha dovuto emigrare all’estero per vedere riconosciute le sue capacità.
Come detto, il 42enne è cresciuto all’ombra del Santuario della Beata Vergine. Dopo il diploma a pieni voti al liceo scientifico «Galilei» (all’epoca il massimo era 60/60) nel 1989, Pisoni si è iscritto a ingegneria aerospaziale al Politecnico di Milano, laureandosi nel 1996 con 98/100. Pochi mesi dopo viene assunto alla Agusta di Cascina Costa di Samarate (Va), azienda che produce elicotteri, con il ruolo di tecnico dell’ufficio aerodinamica. Fino al 2002 si è occupato del coordinamento di prove di galleria del vento nella sede varesina, in Olanda e al Cira (Centro italiano ricerche aerospaziali) e del coordinamento di un progetto di ricerca in collaborazione con il Politecnico di Milano. Viene poi nominato project manager per un progetto di ricerca finanziato dalla Comunità europea, incarico che ricopre fino al 2004. Nel frattempo arricchisce il suo bagaglio formativo con corsi alla Uta University (Usa), alla Kansas University (Usa) e al Von Karman Institute (Belgio). Arriva poi la prima esperienza all’estero, precisamente ad Arlington, in Texas (Usa), dove, sempre per conto di Agusta, per un anno e mezzo lavora presso la «Bell Helicopters» a progetti di aerodinamica, rumore e sistemi antighiaccio del convertiplano «BA609». Tornato in Italia riceve l’incarico di assistente programme manager per la realizzazione dell’elicottero presidenziale americano. In particolare, era il responsabile della pianificazione della seconda fase del progetto, dalla pre-produzione ala consegna finale dell’elicottero.
«A quel punto – ha raccontato Andrea Pisoni – decisi di dare una svolta alla mia vita. In questo ambiente, per fare carriera, bisogna puntare sui ruoli dirigenziali piuttosto che su quelli tecnici».
Ecco perché il 42enne decise di frequentare la London Business School di Londra, dove ottenne un master in business administration. E questo gli aprì le porte di Finmeccanica a Roma, dove dal 2006 al 2008 lavorò come assistente del direttore tecnico. «Un ruolo sicuramente appagante – ha sottolineato l’ingegnere caravaggino – ma restavo sempre in attesa di una chiamata di livello più alto, da dirigente. Che però non arrivava mai». La solita musica all’italiana. Dove spesso vanno avanti coloro che hanno più conoscenze e agganci. Le famose raccomandazioni che molte volte fanno avanzare in posti chiave persone magari meno preparate. E causano il cosiddetto fenomeno dei cervelli in fuga. E infatti, nel 2008, un cacciatore di teste, entra in contatto con Andrea Pisoni per offrirgli in Inghilterra quello che la sua Patria non era in grado di dargli. La Rolls Royce lo assume come Senior Manager e gli viene data la responsabilità per la definizione dell’architettura del sistema di controllo del motore di nuova generazione «Open rotor». Da due anni ha invece il ruolo di Services business executive e ha la responsabilità del ciclo di pianificazione a livello mondiale degli ordini delle parti di ricambio per tutti i motori Rolls Royce di grandi dimensioni. Ovvero, se serve un pezzo in Nuova Zelanda, l’approvazione finale deve passare da lui.
Una scalata di successo, resa possibile dal fatto che all’estero, diversamente che in Italia, hanno creduto in lui. Eppure, Andrea Pisoni ci tornerebbe a piedi nel Bel Paese. Con la numerosa famiglia che nel frattempo ha messo su nel suo peregrinare per il mondo: ben 5 figli (la più grande di dieci anni, il più piccolo di 7 mesi), nati chi negli Stati Uniti, chi a Varese, chi a Roma e chi in Inghilterra.
«Nel Regno Unito mi trovo bene – ci ha tenuto a sottolineare – ma vorrei un po’ sfatare il mito che qui non esistano raccomandazioni. Ci sono eccome. La grossa differenza è che se sei bravo vai avanti, altrimenti ti mandano indietro. Diciamo che le “conoscenze” servono, ma se sei una persona che vale. Altrimenti nessuno ti metterà mai in posto di alto livello. Il mio sogno, comunque, è quello di lavorare in Italia. Non capisco perché non possa fare il dirigente anche nel mio Paese. Se hanno creduto in me in Inghilterra vorrà pur dire qualcosa».