Partiamo dal presupposto che siamo arrivati a un punto di non ritorno nel calcio. Non parlo di calcio giocato, ma di quel calcio che da sempre è stato patrimonio dei tifosi, che non aspettano altro la domenica che andare allo stadio a seguire la propria squadra. Di tifosi che si sorbiscono chilometri e chilometri per vedere i propri beniamini in trasferta.
Quando insieme a tre amici tre anni fa ho deciso di fondare un Club Amici, l’idea principale era, ed in parte lo è ancora, quella di riportare il club ad organizzare le trasferte. Alla faccia di tessere del tifoso, di ultrà che contestano chi va in trasferta, e per contrastare questo stato di polizia che contraddistingue l’arrivo dei tifosi ospiti nelle città di tutta Italia. Fin dal principio abbiamo deciso di seguire le regole esistenti per far si che le trasferte potessero tornare ad essere un momento di festa per chi ci partecipava, ma con la giusta sicurezza per tutti. Abbiamo sempre voluto interagire con le varie questure e metterci a disposizione per farci da garanti, comunicando sempre serenamente i numeri di targa degli autobus che di volta in volta utilizzavamo, comunicando orari di partenza e di arrivo, fermandoci sempre alle uscite dei caselli dove vedevamo le volanti della polizia (il più delle volte senza che loro lo avessero chiesto), tutto per garantire la nostra sicurezza, ma anche per dimostrare che anche i tifosi in trasferta sanno comportarsi civilmente e sanno rispettare le regole.
Quello che è successo a Bologna dimostra invece che nel mondo del calcio di oggi chi fa più baccano, chi si fa temere, ha più voce di chi, come noi, vuole e sa come comportarsi. Alla partenza per Bologna un ragazzo poco più che maggiorenne, con regolare tessera del tifoso, che ha già partecipato ad altre trasferte (non più tardi di 2 settimane fa a Firenze), per un problema sul circuito che emetteva i tagliandi del settore ospiti, non aveva il biglietto. Sempre nella logica di non voler creare problemi, e per garantire il tanto agognato ordine pubblico, ho telefonato in questura a Bergamo, per chiedere delucidazioni, e per capire se poteva partire con noi, e una volta arrivati a Bologna (dopo i doverosi controlli), avesse potuto acquistare il biglietto per poter entrare nel settore ospiti. La questura di Bergamo mi ha rassicurato: avrebbero comunicato la questione alle forze dell’ordine di Bologna. Visto che il ragazzo non aveva e non ha problemi di Daspo, o altre cose simili, non ci sarebbero stati ostacoli.
Arrivati a Bologna, scesi dall’autobus, ho chiesto subito di poter parlare con un referente, al quale evidenziare il problema, senza essere di intralcio a nessuno, e per questo motivo, facendomi da garante, ho atteso che tutti i tifosi venuti con noi potessero entrare nello stadio, e ho atteso l’arrivo del vice questore di Bologna per spiegare la cosa. Da questo momento, il paradosso. Nessuna polemica, per carità, le forze dell’ordine di Bologna sono state gentili, e hanno cercato in tutti i modi di risolverei la questione, ma sta di fatto che non è stato possibile avere, pgando, un biglietto per poter vedere la partita, nonostante tutti capissero la situazione, ma «avevano le mani legate», e non potevano fare di più del loro compitino quotidiano. Il biglietto non si poteva fare su quella tessera del tifoso, che per qualche strano motivo risultava «non censita», ma che regolarmente ha caricato un abbonamento che permette di entrare allo stadio di Bergamo, e che altre volte, come detto, gli ha permesso di acquistare i biglietti per altri stadi d’Italia. Il ragazzo allo stadio non poteva entrare. Ho telefonato alla questura di Bergamo, che 3 ore prima mi aveva detto di partire tranquillamente, ho telefonato a responsabili dell’Atalanta, che mi hanno rimandato ai responsabili del Bologna, ho telefonato ai responsabili della comunicazione del Bologna, ho telefonato in questura a Bologna: nulla da fare.
Con rammarico, e non per eroismo, ma per senso civico, ho ceduto il mio biglietto a quel ragazzo, anche con la speranza che se un domani capitasse ai miei figli, qualcuno si senta in dovere di tutelare la loro incolumità, e io sono rimasto fuori dal cancello di entrata del settore ospiti dello stadio di Bologna per 2 ore, pur di rispettare la mia parola data la mattina. Io lo rifarei, ma credo che con un po’ di buon senso si poteva evitare di lasciare un tifoso per due ore fuori da un cancello, che per tutta la partita, si apriva per chiunque ma non per me. Credo altresì che se la tessera del tifoso, vista da molti benpensanti come un toccasana per evitare disordini, sia invece nella realtà dei fatti un grosso problema, e non una garanzia per chi la possiede.
Lettera firmata