Inauguriamo con questo reportage, la rubrica “Basta sprechi, Basta tasse”, nella quale riportiamo casi concreti di sperpero del denaro pubblico, casi che spesso non finiscono sui giornali o se ci finiscono, ciò avviene senza metterne in mostra i meccanismi perversi. Oggi tocca alla dote lavoro.
Agenzia del lavoro. Interno giorno. L’impiegata si affretta a far apporre al neo ricollocato che ha davanti, la “firmetta” che suggella l’avvenuta stipulazione del bilancio di competenze e del piano di intervento personalizzato. A quel punto il gioco è fatto. E freschi freschi, ben 3000 euro arriveranno dalla Regione all’agenzia. Il tutto nel giro di soli 10 minuti. C’è chi ci impiega del tempo per portare a casa 3.000 euro. In questo caso sono bastati 10 minuti e di coincidenze fortunate. E’ la dote lavoro, questo strumento voluto dalla Regione e caldeggiato dalle “parti sociali” sulla carta nato per aiutare chi è uscito dal mercato del lavoro a ricollocasi e a riqualificarsi.
Non contenti del flop della prima edizione versione 2010 (180 milioni di euro di soldi pubblici, cioè nostri…), ci hanno riprovato, questa volta aumentando l’appeal della dote: se all’agenzia accreditata riesce l’operazione di ricollocare l’utente, si porta a casa 3000 euro. Ma com’è avvenuto che l’agenzia di cui abbiamo riferito si è portata a casa questi quattrini in cosi pochi minuti? E’ avvenuto che il lavoratore presentatosi in agenzia, era un lavoratore somministrato (quindi già dipendente dell’agenzia), che aveva una missione in essere con una ditta cliente dell’agenzia stessa. La missione era scaduta e quindi era dovuto tornare in agenzia per rinnovare la missione e cioè il contratto. Quindi il lavoro lo aveva già trovato lo scorso anno. Caso però ha voluto che ultimamente è diventata operativa la dote lavoro. Ecco quindi che,legittimamente, l’operatore ha legato la nuova assunzione alla dote, l’ha inserita in questo meccanismo e quindi si è meritata l’incentivo che la dote riconosce per ogni assunzione avvenuta. Capito il gioco? Da qualche settimana è scattata quindi la caccia ai cassintegrati e a quelli in mobilità mentre gli enti di formazione si stanno operando per l’arrivo di questa nuova iniezione di denaro pubblico che permette di tirare un po’ il fiato in questo periodo di magra.
Ma non è finita. Noi ci aspetteremmo che la dote vada a vantaggio di chi è disoccupato; di chi cioè ha perso il lavoro, è a reddito zero, e non ha grandi chance di ricollocarsi da solo. Invece no!!! Con una decisione assurda,la Regione (sempre con il consenso delle parti sociali), ha riservato la dote SOLO a chi è in cassa integrazione e a chi si trova in mobilità (e ai lavoratori in cassa in deroga, cioè quelli che stanno a casa dalle aziende piccole e sono pagati dall’Inps con soldi nostri). Cioè a soggetti che un posto di lavoro ce l’hanno ancora (vedi i cassaintegrati), o a chi è in mobilità, senza lavoro certo ma i quali, tuttavia, beneficiano di un assegno anche triennale e di sgravi contribuitivi per le aziende che li assumono.
Per chi lavorava in piccole imprese, dove non scatta la mobilità, o chi lavorava come cocopro, per i veri disoccupati, la Regione non ha previsto nulla. Eppure sono proprio quelle fasce sociali che più di altre avrebbero dovuto avere un aiuto pubblico, un percorso di riqualifica e di ricollocamento assistito. Invece nulla.
La prima edizione della dote lavoro è stata un flop. Gente che faceva l’operario mandata a frequentare costosi corsi di paghe e contributi costati 1.500 euro a testa di denaro pubblico (per fare un esempio). Corsi i più astrusi e strani.
Questa volta la Regione ha introdotto l’incentivo legato però solo all’avvenuta ricollocazione. Ma c’era bisogno di reperire altro denaro pubblico per chi come i cassaintegrati e quelli in mobilità godono già di sgravi fiscali in caso di assunzione e quindi sono comunque appetibili rispetto agli altri? Vada per chi è in mobilità, ma i cassaintegrati?
E poi questi meccanismi dotali servono a qualcosa o solo per tenere in piedi il settore della formazione?
Non è invece più sostenibile e anti spreco concentrarsi su quelle fasce sociali che davvero hanno bisogno di un sostengo pubblico per essere ricollocati (vuoi per l’età, vuoi per la bassa scolarità, vuoi perché non hanno alcuno sgravio perchè espulsi da aziende piccole per le quali i sindacati/politica non si sono mossi per avere casse integrazioni pluriennali come è successo alla Legler/Indesit)?
O forse ancora non sarebbe più opportuno far lavorare davvero i centri per l’impiego pubblico oggi totalmente inefficaci?
E poi, perché si considerano degni di essere ricollocati solo i lavoratori dipendenti? E un professionista, un artigiano, un commerciante che perde l’attività, perché non deve godere di attenzioni da parte di chi ci amministra ? Solo perche per una eredità ideologica i “lavoratori” sono solo quelli dipendenti? E infine, piuttosto che buttar via 103 milioni di euro (che la Regionedovrà pur prendere da qualche parte), non sarebbe più efficace e liberale permettere alle aziende di incentivare le assunzioni, defiscalizzando il costo del lavoro (leggi abolire l’Irap) e alleggerendo la pressione fiscale sul reddito di impresa che oggi ci vede tra le maglie nere dell’Occidente? Basta sprechi, basta tasse.