ALMENNO S. B. – Le sedute consiliari in uno ex stalla. Due ore di autobus su strade sterrate per raggiungere Bergamo. La necessità di un interprete (in quel caso il sindaco) per capire quello che dicevano i consiglieri comunali (che parlano rigorosamente in dialetto non volutamente stile Lega, come oggi ma perchè era la loro lingua madre), strade poco illuminate. Questo lo scenario che si trovò davanti agli occhi un giovane funzionario dello Stato che dal sud fu mandato dal miniserto degli Interni nel “profondo nord” bergamasco nel 1960.
Proveniente da Ariano Irpino, cittadina irpina di media borghesia, Crescenzo Purcaro, allora 32enne neo laureato in giurisprudenza con una tesi con il professore Giovanni Leone, futuro capo dello stato, si imbatte in una realtà che chi proveniva dal sud Italia di allora non si aspettava così. Questo segretario comunale tuttavia in quel comune a lui assegnato (Almenno San Bartolomeo), non rimase per qualche mese (il tempo magari di trovare un’altra destinazione più comoda e vicina a casa), ma rimase per tutta la vita professionale. Fino alla pensione, nel 1992.
“E insieme alle amministrazioni comunali che si sono succedute in 32 anni – oggi racconta -, ho seguito di fatto l’evolversi di un piccolo paese agricolo alle porte della valle imagna, a paese industriale. Un legame stretto che fu segnato già dai primi anni quando nel 1965, data del matrimonio, una delegazione di bergamaschi guidata dal sindaco di Almenno san Bartolomeo, Stanislao Tironi (che mi fece da testimone), mi accompagnò al sud, al santuario di Montevergine per le mie nozze”.
Un caso unico quello di Crescenzo Purcaro,oggi 83enne, il segretario comunale bergamasco con il servizio più longevo presso lo stesso ente locale (oggi traguardo impossibile), tanto da meritare l’attenzione del prefetto di Bergamo, Camillo Andreana, campano come Purcaro, che ha scritto la prefazione di un libro, scritto dal giornalista orobico-romano Francesco Lamberini, presentato sabato 18 febbraio al municipio di Almenno San Bartolomeo, alla presenza del sindaco Gianbattista Broschi, degli ex sindaci Bortolo Medolago, Battista Bonfanti, Gianluigi Fagiani, Vittorio Tironi, Gianantonio Tagliabue, Gianpietro Rotini e dell’attuale sindaco di Roncola San Bernardo, Luigi Fenaroli. Alla cerimonia sono intervenuti anche il segretario generale della Provincia di Bergamo, Passarello, il deputato Sanga e, ovviamente, il Prefetto Andreana che ha firmato la prefazione.
“Tutti i miei predecessori hanno lodato l’operato del dottor Purcaro, senza di lui non avrebbero potuto realizzare tutte le opere pubbliche fate ad almeno in 32 anni”, ha ricordato l’attuale primo cittadino.
“Il sindaco mi faceva da interprete nei consigli comunali dove si parlava solo in bergamasco”, ricorda Purcaro – “Al Comune di Roncola, dove prestai anche servizio, gli uffici erano in un garage e ci demmo da fare per trovar loro più degna collocazione”.
Altri ricordi vintage? “Ad Almenno, nel 1962, a possedere un’auto erano tre persone: un bergamasco, e cioè il sindaco, e due meridionali, il segretario comunale e il medico condotto, Salvatore Di Nardo (siciliano).
Il libro si apre con la narrazione della prima giornata (il 1 marzo del 1960) quando l’allora 32enne Crescenzo Purcaro arrivò a Bergamo e da qui al paese di Almenno San Bartolomeo. Poi a flash back si ritorna agli anni dell’infanzia ad Ariano Irpino (Av), agli anni di studio a Napoli, alla facoltà di giurisprudenza negli anni Cinquanta e poi le prime esperienze da segretario comunale in Abruzzo.
Il libro si è anche aperto alle testimonianze degli ex sindaci di Almenno San Bartolomeo che, nei loro interventi, hanno offerto uno spaccato di un paese bergamasco dagli anni Sessanta ad oggi, una catena ininterrotta di amministratori, molti dei quali oggi dimenticati che hanno fatto sì che oggi Bergamo e la sua provincia possa contare su servizi all’avanguardia.
“Allora le emergenze si chiamavano acqua potabile fognature, strade: c’era tutto da costruire – ricorda Bortolo Medolago, sindaco Dc dal 1970 al 1975 – . Io e il segretario Purcaro andammo a Roma per chiedere un finanziamento di 4 milioni di lire… per costruire un ponte. Oggi sono cifre irrisorie, ma a quei tempi…”.