253 segnalazioni di attività sospettate di riciclaggio e finanziamento al terrorismo sono arrivate nel primo semestre del 2011 all’Unità d’Informazione Finanziaria (UIF) della Banca d’Italia da intermediari finanziari e non della provincia di Bergamo. Un numero che posiziona il nostro territorio al terzo posto in Lombardia – regione che ha fatto segnare il maggior numero di segnalazioni – dietro Milano e Brescia e che fanno della nostra città uno dei capoluoghi di provincia più virtuosi di tutto il Paese nel denunciare casi di sospetto investimento di capitali derivanti da attività criminose in canali leciti.
In totale sono 23.814 le segnalazioni ricevute nel primo semestre dell’anno scorso dalla UIF, di cui la stragrande maggioranza per sospetto di riciclaggio, con un incremento del 57% rispetto allo stesso periodo del 2010. La maggior parte sono arrivate da intermediari finanziari, come le banche, mentre 223 da intermediari non finanziari, soprattutto notai e commercialisti, proporzione rispettata anche a Bergamo.
Per agevolare i commercialisti in questo difficile compito affidato loro dal legislatore, l’Ordine di Bergamo ha da tempo iniziato un’attività di divulgazione e in particolare ieri ha promosso un corso di aggiornamento gratuito, che ha registrato la partecipazione di oltre 300 commercialisti del territorio, a testimonianza dell’impegno della categoria in questo ambito e della volontà di diffondere una cultura e una sensibilità positiva verso un atto dovuto alla collettività. Le segnalazioni infatti non sono solo obbligatorie per legge, ma costituiscono uno strumento prezioso per contrastare un fenomeno in grado di danneggiare pesantemente l’economia legale, alterando le condizioni di concorrenza, il corretto finanziamento dei mercati e l’efficienza e la stabilità dell’intero sistema economico.
“Il riciclaggio è diretta emanazione di un’economia sommersa, che preferisce utilizzare denaro contante per evitare la tracciabilità delle operazioni bancarie. Nella loro attività quotidiana i commercialisti possono trovarsi di fronte a tentativi di ripulire i beni frutto di reato per re-immetterli nei circuiti economici e finanziari legali – ha spiegato Luigi Burini, consigliere delegato per gli adempimenti antiriciclaggio del Consiglio dell’Ordine dei Commercialisti di Bergamo e coordinatore del convegno -. La normativa ha conosciuto negli anni numerose modifiche, che rendono necessario un continuo adeguamento delle conoscenze inerenti le attività richieste al dottore commercialista, chiamato a diventare alleato dello Stato per prevenire l’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose”.
In particolare i commercialisti sono chiamati ad adempiere all’obbligo di adeguata verifica e controllo costante dei propri clienti, secondo un approccio basato sul rischio, calibrando cioè l’attività di verifica in base al rischio di riciclaggio associato al tipo di cliente e alla tipologia di operazione in esame.
L’obbligo di verifica scatta per tutte le operazioni di importo uguale o superiore ai 15 mila euro, come trasferimento di quote di società, istruttorie per finanziamenti e trasferimenti di immobili o attività economiche, e per tutte quelle prestazioni di valore indeterminato, come la tenuta della contabilità, la costituzione di una nuova società e la consulenza in materia di bilancio. In caso di scorretta tenuta dei dati o mancata segnalazione di operazioni sospette, le pene sono pesanti e vanno dal pagamento di una multa al carcere.
“I problemi connessi agli obblighi che il legislatore affida al commercialista sono tanti, a cominciare dall’anonimato del segnalante, garanzia contemplata sulla carta, ma in pratica inesistente – sottolinea Alberto Carrara, presidente dell’Ordine dei Commercialisti di Bergamo -. Ciò non toglie che il ruolo giocato dalla nostra categoria nello lotta all’evasione e alla frode fiscale deve essere un impegno portato a termine con serietà, costanza e professionalità. Il primo passo è comprendere che il riciclaggio non è un fenomeno che riguarda solo la criminalità organizzata, ma è un fenomeno diffuso anche tra gli insospettabili, perché strettamente legato alla corruzione, all’economia sommersa e al lavoro nero. In questo scenario i commercialisti hanno il dovere istituzionale e l’obbligo morale di collaborare con gli organismi deputati a sconfiggere fenomeni che generano gravi alterazioni nell’economia legale, a scapito di tutta la collettività”.