Il recupero di nove pozze dedicate alla salvaguardia e alla tutela degli anfibi nei comuni di Gorno, Premolo e Taleggio. È questo il risultato del progetto Se.Bi.O., messo in atto dal Parco delle Orobie Bergamasche, che non ha tardato a portare i risultati sperati: già alcuni anfibi infatti hanno colonizzato le nuove pozze, compreso un esemplare di Ululone dal ventre giallo (Bombina variegata), la cui presenza era andata notevolmente diminuendo negli ultimi anni, tanto da risultare presente solo in sue siti in tutta la Val Taleggio.
Si tratta di un primo importante traguardo all’interno di un progetto più ampio di salvaguardia e di studio genetico degli anfibi, in particolare la Salamandra nera (Salamandra atra), la Lucertola vivipara (Zootoca vivipara vivipara), la Lucertola vivipara della Carniola (Zootoca vivipara carniolica) e il coleottero endemico Cryptocephalus barii. Gli studi sulle prime tre specie sono stati eseguiti dai ricercatori della stazione sperimentale regionale per lo studio e la conservazione degli Anfibi in Lombardia “Lago di Endine”, mentre lo studio della variabilità genetica del coleottero è stato affidato al Dipartimento di Protezione dei Sistemi Agroalimentare e Urbano e Valorizzazione delle Biodiversità dell’Università degli Studi di Milano nell’ambito del modulo Pro.Na.S.
La Salamandra nera (Salamandra atra) è un anfibio che non supera i 13 cm di lunghezza di colore nero ebano; ha una riproduzione vivipara, cioè partorisce da 2 a 4 piccoli già formati, non esistono stadio larvale, né uova e i giovani vengono alla luce già metamorfosati d’aspetto simile ai genitori. Non si tratta di vera viviparità ma, è un caso di ovoviviparità, in quanto i piccoli vengono trattenuti nel corpo materno ma non ricevono nessun tipo di nutrimento dal genitore. La gestazione dura da 2 a 4 anni.
Abita in ambienti boscosi ma anche praterie d’alta quota, ha abitudini notturne, si nasconde in profonde fessure del suolo. Nelle giornate piovose o nuvolose la si può incontrare anche all’aperto durante il giorno. Si ciba di insetti ed altri artropodi terrestri, molluschi e anellidi.
Le recenti analisi genetiche confermano che le salamandre alpine orobiche sono distanti geneticamente rispetto alle salamandre alpine italiane, ciò potrebbe portare alla definizione di una nuova entità o comunque ad un riordino tassonomico del gruppo.
Sono state complessivamente individuate sei popolazioni locali ed alcuni corridoi ecologici di collegamento tra di esse, il 90% dell’areale, ovvero del territorio di questa sottospecie, ricade nel Parco delle Orobie Bergamasche.
La Lucertola vivipara (Zootoca vivipara vivipara) e la Lucertola vivipara della Carniola (Zootoca vivipara carniolica), hanno dimensioni di circa 16 cm di lunghezza, il colore è variabile ma è prevalente marrone nocciola con ornamentazione a macchie, strie od ocelli e fianchi di colore rossiccio.
La Lucertola vivipara è una specie ovovivipara e partorisce nel mese di agosto da 5 a 11 piccoli che nascono avvolti da una membrana, la Lucertola vivipara della Carniola depone da tre a otto uova, generalmente due volte a giugno e luglio.
Abitano in pascoli, torbiere, arbusteti e margine dei boschi nutrendosi di ragni ed altri artropodi terrestri; per scaldarsi al sole utilizzano sassi, muretti, ciuffi d’erba, rami, cortecce. Sono animali diurni, si nascondono all’interno dello strato vegetale, sotto a tronchi abbattuti, nei cespugli, in prossimità delle fenditure delle rocce o sotto le pietre.
Le analisi genetiche svolte su individui di Lucertola vivipara e Lucertola vivipara della Carniola rivelano una tale distanza genetica da far pensare ad un periodo di reciproco isolamento delle due sottospecie valutato in 1,2 milioni di anni, ciò potrebbe portare alla definizione di nuove entità o comunque ad un riordino tassonomico del gruppo.
Sono invece ancora in corso gli studi sulla variabilità genetica del coleottero crisomelide endemico delle Prealpi Lombarde, che vive in un territorio estremamente circoscritto tra le province di Bergamo e Lecco. Lo studio si prefigge di indagare, attraverso specifici marcatori molecolari sul DNA, la struttura genetica della specie, correlandola con le vicende paleoclimatiche degli ultimi 15000 anni. Finora il coleottero è stato individuato in diverse località in cui non era mai stato segnalato, tra cui il Monte Pegherolo e il Monte Arera, e le prime indagini hanno evidenziato una buona variabilità tra le diverse popolazioni censite. Ulteriori analisi sono ancora in corso con l’intento di valutare l’incidenza delle ultime glaciazioni sull’attuale distribuzione di questo interessante insetto che popola le nostre montagne.
“Gli anfibi presenti nel Parco delle Orobie hanno una particolare rilevanza scientifica per il nostro territorio. Per questo abbiamo promosso, da un lato, un progetto per il recupero ambientale di luoghi adatti alla vita e alla riproduzione di questi animali e, dall’altro, stiamo cercando di capire qualcosa di più sulle specie che abitano le nostre montagne – ha commentato Franco Grassi, Presidente del Parco delle Orobie Bergamasche -. I primi risultati sono davvero incoraggianti e confermano ancora una volta la straordinaria biodiversità che contraddistingue il Parco e in particolare il Monte Arera, area già ricca di specie endemiche che abitano solo quella zona. A quanto pare le specie endemiche di fiori e di farfalle, che già conosciamo e che fanno del Monte Arera uno dei siti più interessanti a livello nazionale, sono solo la punta di un iceberg. Dobbiamo continuare le ricerche per capire quali altri essere viventi si trovano solo qui, conoscere meglio le loro caratteristiche e trovare le soluzioni migliori per proteggere questi animali, probabilmente unici sul pianeta.”