Condizionati dal triste clima di spread, eurobond, riforme e controriforme, mangiare fuori potrebbe di getto suscitare l’idea di mangiare all’aperto (sotto le stelle!) e, considerato l’incombente avvicinarsi dell’inverno, la prospettiva non sarebbe proprio delle migliori.
In questo caso, pero’, “mangiare fuori” sta per “andare al ristorante”. In tempi di crisi e di continui annunci/minacce di sacrifici “lacrime e sangue” per gli smarriti condomini del belpaese, la Camera di Commerciodi Milano, dati alla mano (Il Sole 24 Ore del 16 nov 2011) ci mette di fronte ad una situazione ben diversa ed all’apparenza, contrastante.
Ebbene, nell’ultimo anno i ristoranti in Lombardia sono cresciuti in media del 3,6% arrivando a 46.691 attività iscritte. Esaminando il trend di questa voglia di “convivio”a livello territoriale possiamo però rilevare una maggiore incidenza (+ 4,6%) nell’area ovest della regione (provincie Pavia, Milano, Monza-Brianza e Varese) rispetto ad una più dimessa area est (Cremona, Mantova, Brescia,Bergamo eSondrio) dove l’incremento è stato soltanto del 2,12%.
La crisi, quindi, contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, non spinge i tartassati cittadini ad accaparrarsi i piatti pronti al supermercato ma, a prima vista, li spingerebbe invece ad assaporare le golosità calde e ben cucinate da sempre vanto della ristorazione nazionale, conosciuta in tutto il mondo ed esempio della cucina tradizionale mediterranea.
A tutto questo si lega, poi, un altro non trascurabile aspetto: in un momento in cui ogni cosa puo’ rappresentare “wealty index”, una bella “abboffata”, meglio che una sana pedalata in un Centro Fitness più esposto agli indicatori del redditometro, non puo’ far insospettire nessuno. Al limite si rischierebbe soltanto di appesantirsi e, a lungo andare, di “pesare” di piu’ anche sul servizio sanitario nazionale. Ma chi se ne importa: a chi puo’ negarsi un piatto di minestra?!