Forse siamo parte di una generazione a cui piace sempre di più parlare ma a cui sempre meno riesce di dare dei veri contributi. Crescendo esponenzialmente nel tempo il numero delle tornate elettorali e referendarie che annualmente si accavallano, è palese uno spostamento dei poveri cittadini del nostro belpaese verso una sorta di logorrea parossistica da scoop di “campagna” che allo stesso momento dice e si contraddice, dovuta essenzialmente dall’impossibilità del sempre più impegnato e tartassato uomo della strada di riflettere prima di parlare. (Federico)
Mi spiego meglio, essendo questa sensazione vissuta in primo luogo da me, alcune volte, ovvero, quelle poche volte in cui riesco a trovare qualche minuto per pensare, non comprendo come in certi dibattiti siano sbandierati dalle stesse persone concetti alternativamente in modo positivo ed in modo negativo senza per nulla riflettere o meglio cambiando alla bisogna il punto di vista o il convincimento sullo stesso argomento.
Guardiamo l’acqua, ad esempio, quando in certi dibattiti viene enfatizzato il ruolo dei privati o, meglio, quello del pubblico. Non mi azzardo ad entrare nel merito dei vantaggi o degli svantaggi di questi ruoli, non volendo essere lo scopo porne l’accento in questa sede, ma mi preme far percepire quanto sarebbe meglio parlare di meno e tenere una condotta più equilibrata senza dover incorrere in errori propri della logorrea parossistica (non so se esista ma credo dia meglio l’idea dei sintomi che invece sono in crescita esponenziale).
Perché chi esalta il vantaggio dei privati nella gestione dell’acqua da per scontato che ciò che è in mano pubblica debba essere assolutamente inefficiente? Perché invece di prendere l’inefficienza come un dato di fatto irrimediabile non propone qualche soluzione per recuperare quell’efficienza pubblica che denuncia insufficiente? Non è come se dicessimo “Il popolo non ha pane? Diamogli le brioche!”? Perché guardiamo la pagliuzza nel dire diamo l’acqua ai privati od al pubblico e ci sforziamo di studiare, stimare e valutare in anticipo le ricadute di questa scelta, quando non riusciamo a guardare ed a trovare una soluzione alla trave che è rappresentata da un’inefficiente gestione pubblica dell’impresa? Mai nessuno che si cimenti nel cercare di riparare quello che abbiamo senza stravolgere tutto andando verso situazioni nuove ed imponderabili nonostante ci si diletti a fare, nel dopopartita od al bar, progetti od a preconizzare scenari.
Siamo una società che non prevede manutenzione: se non va bene bisogna buttare tutto e trovare qualcosa di assolutamente nuovo. Tutte le innovazioni debbono essere distruttive senza pensare che potremmo anche tentarne qualcuna incrementale, meno costosa e più sicura.