Quello che si è abbattuto mercoledì su Bergamo e l’Atalanta è qualcosa di più di un tornado. Perché, fatte salve tutte le presunzioni di innocenza che si vogliono e in attesa che ognuno possa chiarire la propria posizione, il rischio che si profila all’orizzonte è di passare da un ormai vicino Paradiso della serie A all’inferno della LegaPro (ex serie C). Ci sono alcune partite dei nerazzurri nel mirino della giustizia ordinaria e di quella sportiva. Il nome di capitan Doni riaffiora più volte come garante di risultati aggiustati. Il materiale raccolto dagli inquirenti è corposo. Intercettazioni, pedinamenti, testimonianze: difficile, anche se non impossibile, che si sia in presenza di un polverone costruito sul nulla. Tra i tifosi atalantini c’è chi ha gridato subito al complotto, chi si è lasciato andare ad un superficiale vittimismo. Senza riflettere che il presunto disegno malvagio coinvolge tante squadre, non solo l’Atalanta. Anche quel Siena che i nerazzurri hanno battuto nella volata per la promozione in serie A.
Certo, è incredibile come nel giro di pochi giorni tante fatiche e tanti investimenti possano essere travolti da uno scandalo vergognoso. E’ una doccia ghiacciata anche o soprattutto per Antonio Percassi, il presidente coraggioso che nemmeno un anno fa raccoglieva dal baratro l’Atalanta per riportarla laddove meritava. Ma chi ama davvero i colori nerazzurri non può né deve chiudere gli occhi. Se qualcuno ha sbagliato, a partire da Doni (non nuovo ad “incidenti” del genere), è giusto che paghi. E anche duramente, perché sarebbe oltremodo disgustoso vedere un professionista strapagato perdersi per poche decine di migliaia di euro.
I risultati sportivi sono importanti, è evidente. E l’Atalanta si stava apprestando a partecipare al cinquantunesimo campionato di serie A della sua storia ultracentenaria. Ma sopra tutto, contano l’onore, l’onestà, la serietà. Se sono stati traditi, sarà sacrosanto ripartire da zero. Anche se con le lacrime agli occhi.