Centinaia di migliaia di morti, 5.512 condanne a morte, 52 paesi rasi al suolo in 5 anni di repressione coloniale (1861-1866). E le ricchezze del Regno presero la strada del Nord..
BERGAMO – “Historia magistra vitae”, si dice. Una massima che non è ancora applicata per la Storia d’Italia. Come reagiremmo se oggi qualcuno proponesse di celebrare come eroi nazionali i massacratori di Marzabotto, di sant’Anna di Stazzema, delle Fosse ardeatine e allestisse mostre e organizzasse convegni per ricordare gli “eroici” Priebke, Kesserling, Kappler, o, per restare sul locale, Resmini (quello della omonima banda repubblichina) o il capitano delle Ss di Bergamo, Fritz Langer, torturatori di partigiani? E ad essi dedicasse piazze e vie?
- Alcune immagini delle efferatezze compiute a danno dei patrioti meridionali. La locandina è quella del film di Florestano Vancini, Bronte, storia di un massacro garibaldino.
Centinaia di migliaia di morti: contadini, cittadini, patrioti, guerriglieri, militari: una sola la loro colpa: restare fedeli al loro legittimo sovrano, Francesco II di Borbone, e alla loro Patria, il Regno delle Due Sicilie.
E’ il più grande segreto che lo Stato Italiano si porta con sé da 150 anni. Secretato negli archivi del Ministero della Difesa e degli Interni.
Ebbene, nonostante una ricca e ormai consolidata storiografia che ha riletto la storia della cosiddetta “spedizione dei Mille” (in realtà l’avanguardia di una vera e propria invasione coloniale e imperialista, stile Iraq di Bush e Polonia del 1939, ai danni di un pacifico stato sovrano).
E nonostante opinion leader anche di area liberale (quindi si presume, filo risorgimentale) come Sergio Romano o, ai tempi, Indro Montanelli, avessero riconosciuto i meriti dei patrioti borbonici di Civitella del Tronto e di Gaeta (e non dimentichiamo i rilievi al “Risorgimento di classe” che pur mosse nei suoi scritti Antonio Gramsci), all’alba del 2011 si continua, imperterriti, con un impeto da Italia umbertina, a celebrare la “mitica” spedizione dei Mille, i mitici “garibaldini” e la cosiddetta “epopea” dell’Unità d’Italia.
Una retorica vetero-risorgimentale fuori tempo massimo, decisamente antistorica, che vede anche Bergamo preda di enfasi.
Eppure esistono studi e ricerche, disponibili anche on line (citiamo Angelo Del Boca “Italiani, brava gente?” e di Lorenzo Del Bocca, presidente nazionale dell’Ordine dei giornalisti “Indietro Savoia”, “La Conquista del Sud” romanzo storico di Carlo Alianello, scrittore e sceneggiatore Rai, autore de L’Eredità della priora”, che fu sceneggiato dalla Rai negli anni ’70, Atti Parlamentari- Camera dei Deputati) dove emerge chiaro il quadro di quella che fu la spedizione dei Mille, la “liberazione sabauda del Sud” e la cosidetta lotta al brigantaggio (1861-1866), un quadro chiaro solo per chi non ha gli occhi velati dalla ideologia: devastazioni, saccheggi, centri abitati messi a ferro e fuoco (Bronte, Pontelandolfo, Casalduni, dove gli eserciti piemontesi compirono efferatezze, per altro documentate fotograficamente, che nemmeno le Ss…); lager (come quello di Fenestrelle a Cuneo, dove vennero internati i patrioti meridionali vedi: S. Grilli, Cayenna all’italiana, Il Giornale, 22 marzo 1997), 5.512 condanne a morte, 6.564 arresti, 54 paesi rasi al suolo, stupri di massa, violenze: un vero e proprio genocidio coloniale: le stime parlano di 600 mila morti. L’effetto della Legge Pica, emanata nel 1863 dal governo Minghetti. Tutto occultato. E le devastazioni ambientali, i disboscamenti per fare piazza pulita delle bande dei patrioti. E le risorse auree del pluricentenario Regno di Napoli che presero la strada di Torino per ripianare i debiti contratti dalla politica di Cavour. E i cantieri navali di Napoli smantellati per prendere la strada del Nord…
Eppure ancor oggi vie e piazze sono dedicate a Farini, Cialdini, Nino Bixio… Kappler in camicia rossa o con le stellette dell’esercito sabaudo. Zero intitolazione ai patrioti.
Raccontano i “report” dei prefetti sabaudi mandati a controllare la neo colonia (il centralismo statale arriva dal Nord), che di giorno l’esercito occupante (in combutta con la piccolissima minoranza di massoni e liberali meridionali che, in altri contesti, non avremmo esitato a definire collaborazionisti), imponeva il tricolore. E di notte, i patrioti (spesso contadini), innalzavano la bandiera borbonica, la bandiera della loro Patria).
Ma questo i libri di storia e le fiction lo ignorano.
“Non vi lasceranno nemmeno gli occhi per piangere”, disse ai suoi sudditi il legittimo sovrano Francesco II prima di lasciare Gaeta, assediato dagli invasori Quello che attese il Meridione dopo è storia nota: immigrazione, immigrazione, immigrazione.
E come non notare in questa enfasi vetero-risorgimentale la connotazione anticattolica e anticlericale che ebbe la cosiddetta “epopea garibaldina” ? Si parla spesso del “triangolo della morte “ emiliano, di don Pessina, ma quanti furono i “don Pessina” meridionali che caddero vittime della furia dei “garibaldini” come 50 anni prima, dei giacobini partenopei? E non dimentichiamo che stessa sorte toccò, dieci anni dopo, nel 1870, al pur sovrano Stato pontificio, invaso dall’esercito italiano.
Ma il passato è passato. La Storia non si cambia.
Ma la Memoria sì.
Lo richiede il rispetto per decine e decine di migliaia di patrioti (poi bollati come “briganti” dalla propaganda dei Vincitori, come la stampa nazifascista bollava nel 1944 i partigiani: uccisi e massacrati, carne neo coloniale.
Sarebbe utile ed educativo che il Museo storico cittadino, e le istituzioni pubbliche (Provincia e Comune), fossero altrettanto solerti a ricordare anche la storia di coloro che furono colonizzati dallo Stato piemontese: foto, documenti, testimonianze, non mancano.
Il secolo e mezzo passato è un lasso di tempo utile per fare del sano e onesto (oltre che scientifico), revisionismo.
Senza ideologie o attaccamenti di sorta a idee preconcette.
Dopo quasi dieci anni di violentissima repressione contro popolazioni inermi (al 90% contadini, legati al loro legittimo sovrano, come peraltro in ogni Paese del mondo), dagli anni ’70 dell’800 iniziò per il Sud quel degrado storico, migratorio, criminale le cui conseguenze sono ancor oggi palpabili.
L’ARRETRATEZZA DEL SUD HA CAUSE CON NOMI E COGNOMI.
E NON SONO COGNOMI BORBONICI…
CITTADINI PER LA MEMORIA STORICA
Bergamo
Giuseppe Purcaro
Marco Gelmi
Giuseppe Arnaboldi Riva
Claudio Bilotta
Michela Broggio
Giovanni Rubino
e… chi si vuole aggiungere…..